Ma saranno equi quei compensi?

managersLa UIL, un grande sindacato italiano, ha pubblicato recentemente uno studio sui compensi dei top manager nel settore assicurativo. Dall’’analisi emerge che, nonostante la crisi economica, la retribuzione del top management delle compagnie di assicurazione, mediamente superiore anche a quella del settore bancario, è rimasta sostanzialmente stabile nel corso del triennio che va dal 2010 al 2012. E’ vero che gli utili del sistema assicurativo sono cresciuti in questo periodo. E’ anche vero che l’importanza del settore assicurativo nel nostro Paese e nel mondo è in continua crescita, basti pensare alla previdenza complementare, alla tutela dei rischi ambientali, alle polizze sanitarie, ambiti ove lo Stato per problemi di finanza pubblica si è progressivamente disimpegnato lasciando spazio ai privati. Peraltro, proprio l’espansione e ridefinizione del mercato assicurativo, ha portato nuovi soggetti economici ad interessarsene. Il sistema bancario, ad esempio, ha stabilmente affiancato alla sua attività di intermediazione creditizia anche quella assicurativa. Parimenti, le assicurazioni hanno sconfinato nel mondo bancario con le gestioni dei patrimoni.

Ebbene, l’’analisi condotta dall’’Ufficio Studi della UIL, ha mostrato che, nonostante gli interscambi tra i due settori, i redditi degli amministratori delle società assicurative restano più alti di quelli delle banche, il che porterebbe a ritenere che nel settore assicurativo sia tuttora scarsa la concorrenza. Infatti è facilmente riscontrabile che, mentre nel settore bancario ai due principali istituti di credito si affiancano banche popolari nonché molte casse popolari e rurali, nel settore assicurativo si ritrovano tanti marchi ma sovente riconducibili alle poche compagnie assicurative. Ma soprattutto, e questo vale per entrambi i settori del credito e delle assicurazioni, lo studio condotto dalla UIL ha evidenziato che resta molto elevato il rapporto tra il compenso del top management e quello di un impiegato tipo con una retribuzione annua lorda di 28 mila euro. Nel settore assicurativo la media è pari a 111, ovvero l’amministratore delegato guadagna in un anno 111 volte lo stipendio dell’impiegato tipo. Nel settore del credito il rapporto tra compenso dei top manager e compenso degli impiegati è mediamente pari a 53. In entrambi i settori, però, se si guarda alle società italiane leader del settore si nota come questo rapporto raggiunga picchi molto più elevati, nel 2012 avendo superato il valore di 250 nel settore assicurativo e di 100 nel settore bancario.

Quindi, se da un lato per la massa di lavoratori si predica la flessibilità e si spinge affinché diritti e retribuzioni dei lavoratori italiani si allineino a quelli dell’’Europa dell’’est o asiatici, dall’’altro lato si assiste ad un aumento più che proporzionale delle retribuzioni dei top managers italiani che si vorrebbero sempre più allineate a quelli degli omologhi dei mercati anglosassoni, dove il rapporto tra compenso dei top manager ed impiegato tipo ha già abbondantemente superato quota 300.

Un mercato del lavoro a due dimensioni, dunque, che non fa che far aumentare la disparità retributiva, concentrare la ricchezza nelle mani di pochi ed aumentare la disuguaglianza della società. Certo non tutti devono guadagnare lo stesso, non si vuole certo questo. Ma ricominciare a ragionare su quale sia un equo e sostenibile rapporto tra compensi dei top managers e retribuzione dei lavoratori, questo sì.

A questo proposito uno studio interessante è stato condotto da “Progetto Trenta”, un think tank indipendente che sviscera il tema della disuguaglianza. Nello studio si mostra come, dato un determinato costo del lavoro che ciascuna azienda può sopportare per via della propria attività caratteristica, a parità di produttività e crescita, non si possono aumentare le retribuzioni dei top managers senza ridurre quelle dei lavoratori.  E si suggerisce l’’adozione ex lege di un coefficiente retributivo per ancorare proporzionalmente fra loro le retribuzioni erogate all’interno di ciascuna azienda, con il reinvestimento in azienda dell’’eventuale surplus rispetto al limite imposto da detto coefficiente. Ma quale dovrebbe essere il livello equo di questo rapporto? Per evitare che in futuro non vi sia una ulteriore divaricazione fra l’’1% più ricco e la media degli italiani, i top managers delle aziende di maggiori dimensioni dovrebbero guadagnare al massimo 20 volte quanto guadagna dall’’impiegato tipo. Come si vede, siamo molto distanti dai valori registrati in Italia nel 2012.

Alfonso Siano

fondazione nenni

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