Nei dibattiti che imperversano sui vari canali televisivi il nostro debito finisce quasi sempre al centro delle discussioni. Esso è considerato la causa di tutti i nostri mali. Non sono dunque possibili politiche di sostegno all’economia, men che meno investimenti in opere pubbliche, per non parlare della riduzione del carico fiscale sulla produzione o sui redditi da lavoro, di incentivi alla ricerca, di potenziamento dell’istruzione e della cultura, dello sviluppo delle reti, e così via. Il costo del servizio del debito, pari a oltre 85 miliardi di euro spiazza ogni velleità di politica di crescita. Occorre quindi operare una forte riduzione del debito per ricreare, attraverso la riduzione degli interessi, adeguati spazi finanziari per attivare politiche di sviluppo. L’ammontare dell’abbattimento del debito, secondo i sostenitori di questa manovra, dovrebbe aggirarsi intorno a 400 miliardi con un conseguente taglio annuale di spesa per interessi di circa 15 miliardi. Altro che politiche di austerità, la soluzione è semplice e a portata di mano: basta dare un taglio al debito. Questa è dunque la soluzione prospettata da molte formazioni politiche e soprattutto dal PDL, in alternativa al rigore nella gestione del bilancio pubblico che invece creerebbe solo danni e recessione.
Ma i mercati non guardano tanto il debito, bensì la sua sostenibilità che si sostanzia in alcuni importanti indicatori come deficit strutturale del bilancio, il tasso di crescita, il saldo esterno. Ad ogni modo una vendita di beni patrimoniali di 400 miliardi è impresa ardua, ai limiti delle possibilità, in special modo se essa voglia essere concentrata in un periodo di tempo strettissimo per ottenere da subito una riduzione consistente di interessi. Del resto le esperienze passate sulla vendita del patrimonio pubblico confermano le difficoltà insormontabili di vendere tutto e subito. Gli stessi autori di queste proposte hanno accumulato notevoli delusioni nei loro tentativi di concretizzarle durante il loro lungo periodo di governo. Infine, ammesso che i 400 miliardi possano essere incassati in un anno, il risparmio di 10-15 miliardi sugli interessi non impedirebbe una nuova espansione del debito se contestualmente non si ponesse sotto controllo il deficit di bilancio.
Siamo così al punto di partenza. Il modo più efficace per fronteggiare e annullare la carica destabilizzante del debito è quello di impedirne l’aumento attraverso l’azzeramento del disavanzo di bilancio. In altri termini è il pareggio di bilancio che condanna il debito ad un inesorabile dimagrimento. Infatti è sufficiente un basso tasso di inflazione per svalutare il debito e ridurne il rapporto con il PIL. Con il bilancio in sostanziale pareggio, sarebbe sufficiente un incremento del PIL di circa 3 punti, inflazione compresa, per riportare il rapporto debito/PIL dall’attuale 126% al 60% in un periodo di 20 anni, obiettivo prescritto dal patto fiscale sottoscritto dal nostro paese(il cosiddetto “fiscal compact”). La cosa dunque non appare particolarmente difficile nè richiede necessariamente operazioni drastiche e audaci come il ricorso a patrimoniali di forti dimensioni o a vendite frettolose di ingente patrimonio pubblico, secondo quanto viene proposto da alcune parti politiche. Men che meno convincono coloro che caricano il patto di effetti perniciosi per la nostra economia. Valga per tutti quanto sostiene Luciano Gallino secondo il quale con il Trattato “ l’Italia ha il suo baratro fiscale”…con esso vanno “in miseria una o due generazioni” e così via. Evidentemente Gallino condivide l’errore molto diffuso secondo cui il patto fiscale imporrebbe al nostro paese un taglio del debito pari a 50 miliardi ogni anno e per 20 anni. Viceversa il patto prescrive non già la riduzione del debito, bensì quella del rapporto debito/PIL, che può essere ottenuta come è stato sopra illustrato, con la crescita del denominatore(il prodotto lordo) , stabilizzando nel contempo il livello del debito.
In conclusione tutto nasce e tutto trova soluzione nella gestione del bilancio pubblico. La realizzazione di un sostanziale pareggio non solo garantisce il rispetto del fiscal compact e l’abbassamento del costo del debito,liberando risorse per maggiori investimenti, ma costituisce la condizione indispensabile per battersi con le carte in regola a favore di un allentamento della politica monetaria in sede europea e per riavviare una crescita più stabile e duratura.
Nicola Scalzini