Nelle tristi vicende della Regione Lazio, che in altri ambiti non si esiterebbe a definire grottesche, l’ultimo tassello è quello delle dimissioni annunciate, ma non formalizzate agli organi competenti. Pare non l’abbiano fatto i consiglieri d’opposizione, che domenica avevano urlato “basta, ce ne andiamo, non si può andare avanti”, pare non l’abbia fatto la Polverini, se non in conferenza stampa, con la scusa che vorrebbe approvare (chissà con quali voti) norme purificatrici: riduzione dei consiglieri da 70 a 50, cancellazione dei monogruppi. E’ più probabile che le dimissioni non siano state ancora ufficializzate e si trascinino per un’altra quarantina di giorni, per consentire l’accorpamento con le elezioni politiche ed evitare letali scossoni elettorali al PDL, magari con un anticipato scioglimento del Consiglio comunale di Roma (e un mese in più di lauto stipendio mica si rifiuta, soprattutto quando il futuro è incerto…)
Tutto questo fa parte di un gioco, sulla pelle delle finanze pubbliche, di cui tutti fingono di non sapere nulla: la Polverini non era informata dei soldi, concessi all’Assemblea Regionale dalla Giunta da lei presieduta, che arrivavano al gruppo consiliare che porta il suo nome , “Lista Polverini” ( e si deve presumere che non fosse nemmeno a conoscenza dei soldi che, mensilmente, gli arrivavano in busta paga come consigliere regionale); quelli del PDL si accusavano un l’altro di gestire male i soldi che fluivano nelle casse del gruppo. Il vicepresidente regionale Ciocchetti dell’UDC, al pari del presidente, ignorava tutto. E anche dalle opposizioni, che avrebbero come compito precipuo quello di denunciare le malversazioni di chi governa, non una voce si era levata prima che qualche settimana fa scoppiasse il bubbone. Forse anche perchè nelle loro tasche fluiva una quantità di finanziamenti, legali per carità, destinati anche, vedi PD, a regali per bambini a Natale acquistati in enoteche (!) o a laute consulenze personali, vedi IDV.
Nel frattempo la sanità nel Lazio va a rotoli, la situazione occupazionale è disastrosa, i finanziamenti regionali alla cultura sono praticamente scomparsi, in una rassegnazione generale degli elettori, che li porta a non sfogare la loro protesta, come è successo in altri momenti.
Tutto questo porterà, forse, perchè anche lì tira un’aria non tranquilla, ad un’affermazione del populismo grillino, molto più probabilmente ad un ancor più preoccupante aumento dell’astensionismo di chi non vede nessuna luce in fondo al tunnel.
Alfonso Isinelli