Una distorsione ideologica dell’Occidente

Da alcuni anni – anzi, da alcuni decenni – l’antropologo Jack Goody ha impegnato il suo tempo e le sue energie a rettificare in maniera sostanziale l’immagine che l’Occidente ha costruito di se stesso. Già si era distinto per la stupefacente affermazione che Adam Smith era in errore quando sosteneva che solo l’Occidente aveva conosciuto la libertà. Non meno stupefacente è la tesi che ha sviluppato nel libro Eurasia , recentemente pubblicato dal Mulino. Essa suona così. “Il mondo moderno non è nato semplicemente dalla diffusione o dalla esportazione del capitalismo” , poiché “i principali Paesi dell’Oriente erano molto più simili e molto più affini a quelli europei nelle linee generali del loro sviluppo.”. Pertanto, è tutta da rifiutare “la visione storica dell’Occidente secondo la quale le altre zone del pianeta erano strutturalmente incapaci di compiere il necessario balzo in avanti , di conquistare il mondo dal punto di vista geografico, economico e culturale”.

Ammesso e non concesso che l’immagine standard costruita dagli occidentali della propria civiltà sia una pura costruzione ideologica , resta sul tappeto l’ineludibile domanda : “ Perché mai l’Occidente – e solo l’Occidente – ha creato il capitalismo, la scienza, la tecnologia moderna, lo Stato costituzionale e la democrazia pluralistica ? “ Per contro, con le sue perentorie e affatto gratuite sentenze , Goody fa sparire il problema con il quale si sono cimentati studiosi del calibro di Montesquieu, Hegel , Marx , Weber, Wittfogel e Braudel. I quali sono giunti alla stessa conclusione: che l’Occidente ha istituzionalizzato quella che Whitehead ha chiamato con felice espressione “l’invenzione dell’arte dell’invenzione”; e che ci è riuscito a motivo del fatto che la frantumazione del potere a seguito del collasso dell’Impero romano ha offerto agli Europei la chance di compiere un singolare esperimento di vita collettiva tutto centrato sulla dialettica “Stato-società civile”. Il che significa che un puro accidente storico – non certo la così detta “superiorità razziale” – ha permesso ai popoli europei di sfuggire alla “trappola dispotica ”. Per contro, le grandi civiltà orientali sono rimaste prigioniere della “gabbia d’acciaio” dello Stato burocratico-liturgico e , precisamente per questo, non hanno potuto imboccare la via della Modernità.

Una tesi, questa, che è stata formulata anche da uno storico arabo, Amin Maalouf, al quale non è sfuggito il fatto che , a seguito della rivoluzione comunale – resa possibile dalla assenza della Megamacchina –, l’Europa prese ad assumere, attraverso una infinita teoria di conflitti di interessi e di valori , le forme di una “società distributrice di diritti”. Per altro, già nel 1878 , in occasione della Esposizione di Parigi, un giovane diplomatico turco aveva visto ciò che Goody – accecato da un massiccio consumo di oppio ideologico – non è in grado di vedere, così esprimendosi : “Quando alzate gli occhi verso questa affascinante esibizione del progresso umano , non dimenticate che tutte queste riuscite sono opera della libertà. E’ sotto la protezione della libertà che i popoli e le nazioni raggiungono la felicità . Senza libertà , non vi può essere sicurezza; senza sicurezza, non c’è sforzo; senza sforzo, non c’è prosperità senza prosperità non c’è felicità”.

Luciano Pellicani

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