Mai visto un governo così impegnato politicamente e un primo ministro così attivo sul piano diplomatico, come il governo “tecnico” dei professori. E’ un governo in piena regola, anzi con pretese che debordano da quelle governative e straripano nel campo parlamentare. L’iniziativa Monti-Severino di occuparsi del problema del finanziamento dei partiti è solo l’ultima esondazione nelle competenze squisitamente politico-parlamentari: la prossima forse sarà una proposta di decreto-legge sui regolamenti parlamentari?
Ma veniamo al merito del problema: il finanziamento pubblico dei partiti, problema che sorse e si impose negli anni ’70 quando tre pretori, Almerighi, Brusco e Sansa aprirono un’inchiesta giudiziaria sui soldi di imprese petrolifere ai partiti attraverso l’ENEL. Ricordo che il ministro dell’industria Ciriaco De Mita dichiarò, in un’intervista a Cesare Zappulli, che il finanziamento della politica da parte dell’ENEL era un compito “sub-istituzionale”. La legge che fu approvata dopo gli scandali (legge 2/05/1974) non dava nessuna garanzia che a quello pubblico non si sarebbero aggiunti i soldi dei privati. Che invece ci furono – le “tangenti”- e scoperti, diedero avvio a Tangentopoli.
Annullata la legge dal referendum plebiscitario del 1993, il Parlamento votò una nuova legge intitolata: “rimborsi elettorali”. Come si è visto in questi giorni, il “rimborso” è stato pari a quattro volte le spese effettive.
Ora i partiti – prostrati anche dagli ultimi scandali, quello Lusi della Margherita e quelli della Lega- vogliono correre ai ripari. E proliferano le proposte. Se vogliono fare una cosa seria debbono adottare un finanziamento che preveda due controlli da parte di revisori indipendenti: sulle entrate e sulle uscite. Mi spiego: i revisori debbono registrare tutte le entrate che si aggiungono al finanziamento pubblico in modo da avere il finanziamento totale e debbono altresì registrare tutte le uscite regolarmente certificate.
E’ l’unico modo per conoscere il costo della politica e garantire la correttezza nell’impiego del denaro pubblico e privato.
Si può prendere come riferimento la legge sulle istituzioni culturali: esse sono dotate di personalità giuridica, sono inserite in una apposita tabella e ogni anno debbono certificare in bilancio le entrate e le uscite
Trovino i partiti il modo, ma questa volta vogliamo essere certi che il finanziamento pubblico non sarà spropositato e quello privato non sarà occulto. Se si vuole si può fare bene e presto: se si vuole!
Giuseppe Tamburrano