Su Antonio Gramsci, scambio tra Angelo D’Orsi e Alessandro Orsini

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro Alessandro,

mentre mi complimento per la sua produttività, e mi scuso per il ritardo (penso che a quest’ora il panel sarà completo), non posso tacere il mio radicale dissenso, non semplicemente ideologico, ma metodologico e storiografico. Il suo libro sulle BR è un insieme di asserzioni e di riflessioni che nulla hanno a che fare con la realtà. E ci sono passaggi che suscitano in me, ma non solo in me, glielo assicuro, orrore e raccapriccio… Per esempio la sua chiamata di correità nei confronti di Gramsci, a cui lei ora dedica un libro, peraltro annunciato da tempo: non oso neppure pensare cosa troverei in questo nuovo suo prodotto. Dunque, capisce che la partecipazione alla discussione del suo libro potrebbe rivelarsi imbarazzante per entrambi. La devo anche avvertire, per correttezza, che l’ho attaccata, sarcasticamente, nell’Editoriale del n. 7 della mia rivista “Historia Magistra”, proprio in relazione alle sue tesi.
Ciò non toglie che quando mi sono imbattututo in suoi lavori utili (anche se molto, molto discutibili) come quelli su Bruno Rizzi, io ne abbia tenuto conto (per esempio nel mio libro del 2011 L’Italia delle idee. Il pensiero politico in un secolo e mezzo di storia)…

Mi abbia, senza rancore, per il suo

Angelo D’Orsi

Caro Professor D’Orsi,

sono davvero lieto di ricevere questa sua lettera, così dura e sincera, che accresce la mia simpatia nei suoi confronti.

In contrasto con lei, ho cercato di documentare che Gramsci è stato un grande maestro della pedagogia dell’intolleranza del secolo passato. Quella stessa pedagogia dell’intolleranza che produce un tipo di intellettuale educato a provare “orrore e raccapriccio” per le tesi di coloro che mettono in discussione i convincimenti ideologici e storiografici più ortodossi. Tuttavia, il sentimento del disprezzo non aiuta il progresso della ricerca e non muta l’evidenza storica.

Gramsci scriveva testualmente che i nemici politici sono “porci”, “stracci di sangue mestruato”, “scatarri”. Diceva anche che bisognerebbe riempirli di “cazzotti in faccia”. Si riferiva ai moderati che criticavano il comunismo, non ai fascisti. Gramsci scriveva – sono ancora una volta le sue parole testuali – che i giovani militanti di partito devono essere educati a insultare gli avversari. Gramsci scrisse anche un “elogio della parolaccia”. Fino a quando fu libero di esprimersi, promosse simili principi educativi utilizzando queste precise parole, mai sconfessate nei Quaderni del carcere. In quegli stessi anni, Filippo Turati si opponeva a Gramsci ed elaborava una pedagogia politica opposta, basata sul “diritto a essere eretici” e sul rispetto degli avversari politici.

Tutto questo è documentato nel mio libro “Gramsci e Turati. Le due sinistre” (Rubbettino, 2012).

Nella sua lettera, lei lascia intendere che non leggerà il mio libro (“non oso neppure pensare che cosa troverei in questo nuovo suo prodotto”) e afferma che si guarderà bene dall’accettare l’invito alla discussione pubblica per non mettere in imbarazzo né lei, né me.

Quale imbarazzo?

Lei è stato il primo a ricevere il mio invito alla Biblioteca del Senato proprio perché ero consapevole dei suoi dissensi radicali nei confronti dei miei studi. Venga, sarà il benvenuto.

Quanto ai commenti sarcastici che mi ha dedicato nell’editoriale della rivista da lei diretta, le confesso che sono stato altrettanto sarcastico nei suoi confronti quando ho scritto il “rivoluzionario benestante”, in cui ho descritto le strategie cognitive che le consentono di sentirsi migliore degli altri.

Lei è stata una musa ispiratrice. Le sono grato.

Con molta simpatia.

Alessandro Orsini

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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