Se si interrogasse Marx sul nostro sistema produttivo difficilmente lo definirebbe “capitalista”. Il sistema capitalistico è fondato essenzialmente sull’industria. Nel nostro sistema non si producono fondamentalmente merci – beni e servizi- ma titoli finanziari ed il rapporto tra investimenti nell’industria e in titoli speculativi è tutto a favore di questi ultimi. E’ nessuno potrebbe sostenere che i bonus miliardari che si attribuiscono i manager sono “profitto” perchè sono prelievi a merci.
La crescente “marginalità” della classe operaia è un aspetto di questo mutamento sociale: a nessuno verrebbe in mente che essa è classe “egemone”.
Possiamo definire capitalistico nel senso tradizionale un sistema che produce prevalentemente denaro?
Dunque, accettiamo una volta per tutte quello che anche il Financial Times ha scritto: “Il capitalismo è finito”. E chiediamoci che fare per cambiare un sistema che produce enormi ricchezze speculative ai vertici degli organismi finanziari e spinge verso il baratro della bancarotta intere comunità.
Penso che si debba aprire il discorso sulla Cina da una parte, e sulle potenzialità delle reti telematiche.
In Cina il capitalismo di Stato cresce a ritmi impressionanti. L’Economist vi ha dedicato uno “speciale”.
Questo “capitalismo di Stato” non è quello noto, e somiglia in un certo modo al nostro smantellato sistema delle partecipazioni statali. Insomma è un capitalismo che sta sul mercato mondiale rispettando le regole del mercato.
L’Economist si preoccupa del rischio che la sua crescita vada a detrimento della libertà. Ma spazi di libertà o di tolleranza si stanno aprendo ed allargando in Cina. Grazie al miglioramento delle condizioni di vita ci sono milioni di cittadini che non accettano più restrizioni; e grazie ad Internet che riesce a comunicare fatti ed episodi della vita pubblica: scioperi, scontri con la polizia. Al punto che si teme che si possa avere un fenomeno di comunicazioni via web come vi è stato nell’Africa del Nord che tanto ha contribuito a far cadere quei regimi.
Contatti e scambi con gli occidentali sia in Cina che all’estero sono sempre più frequenti e l’effetto è di moltiplicare iniziative e allargare la mentalità.
Nelle campagne, specie quelle vicine a grandi centri, si diffonde un certo benessere ed una certa cultura, grazie al ritorno degli emigrati.
In ottobre o in novembre si terra il congresso del Partito e si prevede un vasto rimaneggiamento della leadership, con l’avvento di una nuova generazione di dirigenti.
Insomma la Cina è in movimento non solo economicamente: si pensi che ormai la reale superiorità degli Stati Uniti sulla Cina è costituita dagli armamenti.
Giuseppe Tamburrano
P.S. Pensiero exravagante: non è possibile mettere in rete tutti i siti socialisti? Sono tanti e sono isolati. Se ci potessimo parlare forse potremmo coordinarci e fare emergere il socialismo sommerso che non è solo ex PSI, ma è sinistra delusa e orfana
Carissimo Giuseppe,
l’idea, anzi l’esigenza di ricompattare tutti noi socialisti è in questo momento un bisogno non solo per noi, ma per l’intera società italiana, e lasciami passare la presunzione per l’intera Europa.
E’ di urgente bisogno ritrovari sotto la nostra bandiera.
Caro Giuseppe, sei l’unico che potrebbe farlo, per la tua storia ed il tuo carisma.
Puoi contare su di me e su tutti i compagni napoletani.
Napoli 20/02/2012
Nino Cavaliere
347/5159610
CGIL CAMPANIA 081/3456801