A proposito dell’opinione di Siano osservo che il problema della rappresentanza dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro fu affrontato dal primo governo di centro-sinistra Moro-Nenni grazie alla decisiva pressione del leader socialista (a nome suo me ne occupai io). Il governo propose tre disegni di legge: sulla giusta causa, sulle commissioni interne e sui diritti sindacali. Con il secondo disegno di legge si riconoscevano le Commissioni Interne come organismi rappresentativi di tutti i lavoratori dipendenti. Ma questa proposta incontrò l’opposizione “contrattualista” della CISL contraria a regolare per legge i rapporti sindacali.
La rappresentanza nel luogo di lavoro fu affidata nel corso di questi anni ad una serie numerosissima di organismi fino a decadere al livello al quale si riferisce Siano ed il “potere sindacale” rimase tutto nelle mani dei sindacati.
La Fondazione Nenni ha proposto alla CGIL un convegno per affrontare ex novo la questione (insieme con il problema del licenziamento senza giusta causa di cui dirò appresso). La CGIL accettò in un primo momento la nostra proposta, ma poi la fece cadere.
Oggi il sindacato è progressivamente svuotato dei suoi poteri (il “primo livello”); il governo e l’ex socialista Sacconi tendono con l’art. 8 della manovra a istituire un “secondo livello” nel quale non c’è il potere autonomo dei lavoratori ma quello del padrone. Perciò è necessario tornare all’idea originaria: una legge che riconosca e conferisca adeguati poteri a organismi eletti direttamente dai lavoratori.
Per quanto riguarda l’art. 18 dello Statuto credo che dobbiamo riflettere sulla questione della riassunzione obbligatoria in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. Ricordo che nella prima legge in proposito – la legge 5 luglio 1966, n. 604 – non era prevista la riassunzione obbligatoria ma una forte penale a carico del datore di lavoro: e in quella forma fu approvata dal Parlamento anche col voto del PCI.
Successivamente il ministro Brodoloni e ancor più il suo successore al dicastero del lavoro, Carlo Donat Cattin, vollero nella legge 300 del 1970 la riassunzione obbligatoria (noto, a titolo di curiosità, che il PCI si astenne).
Mi pare che non sono stati molti i lavoratori licenziati senza giusta causa che hanno chiesto la riassunzione; in genere hanno preferito il più rapido risarcimento del danno. Mi chiedo se non è il caso di tornare su questo argomento con un approccio più realistico.
Giuseppe Tamburrano