L’offensiva dei conservatori in Canada

 

Il Primo Ministro canadese, Stephen Harper, un conservatore filo-monarchico, ha deciso di reintrodurre l’aggettivo “royal”, cassato nel lontano 1968, per qualificare le forze armate canadesi (es: l’attuale “Air Command” riprenderà il nome di “Royal Canadian Air Force”) – il Capo di Stato del Canada, ex colonia britannica, è la regina Elisabetta…. Una mossa folkloristica e innocua? Nient’affatto: c’è un subdolo disegno politico: arrestare la marcia trionfale della sinistra canadese, una delle più progressiste al mondo (nel 1985 il Canada ha anche legalizzato i matrimoni gay); una sinistra che vuole l’indipendenza dalla Gran Bretagna e una politica estera pacifica, all’insegna della difesa dei diritti umani. Se la monarchia ridiventa il simbolo dell’unità nazionale, allora sarà più facile erodere i valori liberal e socialisti. Pianificato a tavolino, dunque, il viaggio canadese di William e Kate, il primo ufficiale della coppia. L’evento doveva lanciare sulla scena internazionale i novelli sposi ed eredi al trono. Obiettivo raggiunto in pieno. La popolarità della monarchia, che era in calo, è balzata ai massimi storici. Harper ha subito nominato il principe Filippo, una cariatide di novant’anni, consorte della regina Elisabetta, ammiraglio “onorario’’ della marina canadese. Sbaglia chi sottovaluta queste cose, sintomatiche di una politica reazionaria, volta a restaurare la dignità morale delle gerarchie, della tradizione, dei privilegi acquisiti e quant’altro. Il privilegio è naturale: questo messaggio deve sedimentarsi nell’immaginario collettivo. La politica – Gramsci ce l’ha insegnato – è soprattutto una lotta per l’egemonia tra filosofie in competizione.

La tragica vicenda della Principessa Diana, che era ben più amata della Regina, aveva crucciato non poco i monarchici. Tony Blair, col suo fine intuito politico, aveva capito che i tempi erano cambiati, i reali ancora no. Fu il leader laburista a imporre i solenni funerali di Stato per la principessa del popolo! La corona inglese ha escogitato una strategia astuta: serviamoci anche noi del populismo mediatico contro la sinistra liberal-socialista. Così la regina Elisabetta ha acconsentito – obtorto collo – a un matrimonio che sarebbe stato impensabile solo qualche anno fa: quello fra il rampollo dell’antichissima casa reale Windsor con una commoner, cioè una popolana, per giunta trasudante la volgare ambizione dei nouveau riche. Diana, nobildonna dalla nascita, poteva permettersi le sue intemperenze; Kate, la popolana ammessa per grazia ricevuta a Buckingham Palace, dove i suoi nonni avrebbero potuto fare solo i giardinieri o i maggiordomi, sarà la più fedele e coriacea paladina della monarchia. La logica del Gattopardo è universale: che cambi pure qualche tessera del mosaico, che sfumi anche il colore; l’importante è che l’immagine del privilegio rimanga indelebile. La posta in gioco è la sopravvivenza della monarchia nel XXI secolo. La trovata degli spin doctors pro-monarchici è geniale: una giovane coppia ‘alla mano’, vicina eppure irragiungibile, garantirà il futuro politico della casa Windsor (quello economico è assicurato per le prossime cinquanta generazioni); il sangue blu mica si scolorisce a contatto col popolo! Travolgente il successo mediatico di questa formula. Più in Canada e negli USA che non in Gran Bretagna. Quando alcuni canadesi sono scesi in piazza per protestare – pacificamente – contro la visita di Kate e William, un giornalista statunitense della CNN ha commentato con malcelata irritazione che “purtroppo succedono anche queste cose”. “Purtroppo”?? Eh, sì. Purtroppo c’è sempre qualche guastafeste invidioso della felicità altrui. Fateci sognare, perdio, non disturbate il quadro idilliaco! Quel “purtroppo” è una regressione verso un senso comune pre-politico: le proteste sono solo schiamazzi indecorosi di maleducati Ma non furono gli americani a cacciare a pedate nel sedere i ras della nobiltà inglese dalla loro terra, strappando così l’indipendenza e la libertà?

Potenza evocativa della favola in cui il principe sposa l’umile ma bellissima principessa! Ma soprattutto forza travolgente del populismo mediatico, che, con i suoi falsi miti consolatori, cancella ogni memoria storica. La verità è che i manifestanti del Quebec francofono la regina non la vogliono vedere neppure dipinta. Non rappresenta il loro mondo. Loro credono nel motto democratico “Liberté, Égalité, Fraternité”, e ricordano quel glorioso giorno del 1793 quando Luigi XVI, ultimo re assoluto di Francia, finì sulla ghigliottina. Né la vogliono come Capo di Stato quella regina impettita e spocchiosa i cittadini canadesi – e sono milioni di persone – che hanno antenati irlandesi, italiani, tedeschi, asiatici, arabi e africani. Questi figli delle varie ondate migratorie dell’Ottocento e del Novecento non provano nulla per i Windsor. Tra l’altro, la visita di William e Kate – al pari di quella del Papa in Spagna – è costata una fortuna al contribuente. Uno spreco vergognoso in questo momento di crisi. E un insulto alla giustizia, visto che i Windsor e il Vaticano posseggono ricchezze enormi. Ma proprio questo è lo scopo della restaurazione monarchica: convincere ‘il popolo’ che la diseguaglianza non si sradica. C’è chi vive in palazzi sontuosi ed è riverito mentre cammina in processione, c’è chi vive nelle capanne e muore di fame. È così che va il mondo, no? C’è chi è predestinato – per nascita, censo, sangue – a un’esistenza eroica; c’è chi – la stragrande maggioranza degli esseri umani – deve accettare una vita mediocre. Questo feudalesimo di ritorno è ingentilito dal sogno – illusorio, ma la vita non è forse intessuta di illusioni? – che si può essere miracolati e cambiar vita. Una commoner ce l’ha fatta a entrare nel sancta sanctorum della nazione, no? C’è chi punta a fare la letterina in una TV commerciale, e c’è chi ambisce a diventare una principessa. Il riscatto non si ottiene col sudore della fronte, con i sacrifici, con lo studio, e costruendo rapporti davvero umani, paritari. No, il successo – che consiste nell’esser meglio (e possedere più) degli altri – si ottiene mercificando il proprio corpo e la propria anima. Berlusconi ci offre la versione borghese di questo sogno: cosa disse alla ragazza precaria che gli si rivolgeva sperando in una soluzione al suo dramma, che è quello di una generazione intera? “Signorina, si sposi mio figlio!” Ma, ahimé, questo è alla portata di pochissimi: miliardari e reali scarseggiano. Ma che vuoi farci? È la ruota della fortuna, è la lotteria della vita!

In sintesi: gli obiettivi del marketing pro-monarchia sono: (a) segretolare il modello sociale canadese, che è quanto di più vicino si possa immaginare alla social-democrazia europea: i liberal canadesi hanno iniettato dosi massicce di socialismo nella loro società, inoculandola così dalle ingiustizie; (b) colpire al cuore il multiculturalismo, fiore all’occhiello di un Paese generoso, che accoglie a braccia aperte gli immigrati in fuga dalle guerre, dalle persecuzioni e dalla miseria. Non difendo le assurdità degli estremisti: le idiozie fioriscono in tutti gli orti, in quelli di destra come in quelli di sinistra. Il punto cruciale è che il multiculturalismo ha partorito un’idea geneticamente progressiva: la cittadinanza democratica è inclusiva, oppure non è. Siamo tutti canadesi, ci sentiamo tutti parte della stessa comunità di destino, anche se non ci chiamiamo Harvey o Smith, anche se non siamo protestanti con la pelle bianca, anche se i nostri genitori sono approdati in Canada con le valigie di cartone. Il multiculturalismo, nella sua versione più ragionevole e ‘riformistica’, è il compimento della democrazia liberale. I canadesi ce l’hanno insegnato e ora proprio nella loro terra i reazionari hanno lanciato un’offensiva. È ora che la sinistra prepari la controffensiva.

Edoardo Crisafulli

fondazione nenni

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