Meno parlamentari. E’ giusto, ma come fare?

Una misura su cui tutti i partiti rappresentati in Parlamento concordano è la riduzione del numero dei parlamentari. Dal punto di vista tecnico, la cosa è semplicissima: si tratta di approvare, con il procedimento previsto dall’articolo 138 della Costituzione, un disegno di legge costituzionale che modifichi le cifre indicate all’articolo 56, terzo comma (“Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero”) e all’articolo 57, commi secondo e terzo (Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno). Una volta raggiunta l’intesa sull’entità della riduzione (potrebbe essere, ad esempio, il cinquanta per cento) occorrerebbe pianificare soltanto i tempi tecnici di esame (i tre mesi previsti dal citato articolo 138 come intervallo tra le due deliberazioni, nonché quelli necessari per l’esame in Commissione e in Aula). Un’approvazione presumibilmente pari o superiore ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, consentirebbe l’immediata promulgazione della nuova disciplina. Con un accordo politico non difficile da conseguire, si potrebbe varare questa modifica costituzionale entro l’attuale Legislatura ed è ragionevole supporre che essa incontrerebbe un ampio consenso nell’opinione pubblica, oltre a rappresentare un’apprezzabile riduzione dei cosiddetti costi della politica.

Se tutto è così semplice, per quale ragione una riforma che a parole tutti dicono di volere, tarda a trovare attuazione ?

Prima di abbozzare una risposta, è bene chiarire che la riduzione del numero dei deputati e dei senatori può essere una misura molto efficace per quello che concerne il rapporto tra eletti ed elettori, per il ripristino di un clima di fiducia verso le istituzioni, ma di scarso rilievo per quello che concerne i saldi di finanza pubblica, a parte gli effetti indiretti (anch’essi presumibilmente modesti) che possono derivare sul piano degli oneri per il sevizio del debito.

Ciò premesso, occorre guardare con attenzione all’attuale composizione dei partiti politici che siedono in Parlamento: a parte la Lega Nord (nella quale pure si avvertono gli scricchiolii di un monolitismo ormai duramente provato dalla deludente esperienza di governo), PdL, PD e le componenti che si riconoscono nel Terzo polo, di cui l’UdC è parte prevalente, ma non unica, sono tutte realtà derivanti dalla fusione (potenziale, nel caso del Terzo polo) di partiti preesistenti, i quali, anche se spesso attraverso ristrutturazioni e riassetti interni, hanno mantenuto una loro fisionomia all’interno delle nuove formazioni, come correnti più o meno dichiarate, oppure, quando ciò non è stato possibile, hanno dato luogo a scissioni con il conseguente spostamento verso altri settori dello schieramento parlamentare. Al di là di un giudizio di valore, è evidente che l’esigenza presente più o meno in tutti i partiti, di rappresentare in modo adeguato le singole componenti (di per sé assolutamente legittima) diventa più difficile da soddisfare se si dispone di un numero ridotto rispetto al passato di candidature nei vari organi rappresentativi, dal livello locale a quello nazionale. In altri termini, soprattutto in una fase fluida di riorganizzazione dei diversi schieramenti, la riduzione del numero dei parlamentari può comportare un inasprimento dei contrasti tra gruppi e correnti interni a ciascun partito e fare prevalere nella determinazione delle candidature criteri di equilibrio suscettibili di provocare un ulteriore decadimento della qualità della classe politica.

C’è poi un secondo aspetto da considerare, più prosaico, ma non meno rilevante: una riduzione del numero dei parlamentari comporta una proporzionale riduzione delle possibilità di occupazione per coloro che operano come assistenti di deputati e senatori, o che prestano attività professionali di varia natura nell’ambito dei gruppi parlamentari. A torto, per costoro, si usa la sprezzante definizione di “portaborse”. Si tratta, in molti casi, di persone che concorrono utilmente alla funzionalità del lavoro parlamentare: giovani neo laureati alla ricerca di un primo approccio con una realtà di cui si sono in precedenza occupati durante i loro studi, o personale che ha maturato una notevole conoscenza della macchina parlamentare, e comunque tutti lavoratori che aspirano legittimamente ad un minimo di stabilità occupazionale.

Esistono peraltro dei rimedi: per evitare che la riduzione del numero delle candidature si trasformi in una lotta senza quartiere tra gruppi e correnti di ciascun partito, appare obbligata la scelta di adottare e perfezionare meccanismi di designazione dei candidati che presuppongono forme vincolanti di pronunciamento degli iscritti e degli elettori. Anche i più critici concorderanno sul fatto che, per il centro sinistra, il metodo delle primarie ha prodotto risultati estremamente positivi. Si tratta di uno strumento che va affinato, ma di certo è la strada maestra per eludere Iogiche correntizie ed inevitabilmente oligarchiche.

La riduzione del numero dei parlamentari può fornire indirettamente una risposta anche al secondo problema, quello della riduzione delle possibilità di occupazione per coloro che operano a fianco dei singoli o dei gruppi parlamentari. Si potrebbe, ad esempio, ipotizzare che una quota dei risparmi conseguiti venga destinata al finanziamento di attività di riqualificazione o di formazione alle professioni parlamentari, supportate da borse di studio e promosse dalle Presidenze dei due rami del Parlamento, alle quali potrebbero contribuire, attraverso convenzioni, le Università che già oggi hanno attivato corsi post laurea di diritto parlamentare, nonché le principali fondazioni legate, direttamente o indirettamente, ai partiti rappresentati in Parlamento.

La riduzione del numero dei parlamentari può apportare benefici alla politica e ai cittadini. Perché non provare?

Valerio Strinati

 

 

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi