Una proposta realistica

 “Fui testimone di una discussione animatissima tra due accademici sulla maniera più comoda e sicura per cavar denaro dai contribuenti senza troppo gravarli. Il primo affermava che il metodo più equo era quello di tassare il vizio e la follia, facendo determinare l’entità della somma per ogni soggetto da una giuria composta dai suoi vicini. Il secondo era di opinione esattamente contraria, e proponeva di tassare quelle doti di corpo e di mente per le quali gli uomini più presumono di se stessi; la quota doveva essere maggiore o minore in rapporto al grado di eccellenza di quelle doti, e la determinazione di tale grado doveva essere lasciata alla coscienza stessa dei contribuenti. La tassa più alta doveva gravare coloro che godono il maggior favore dell’altro sesso e corrispondere al numero e alla natura dei favori ricevuti. Sarebbe bastata per questo la loro sola garanzia. Anche lo spirito, il valore e la cortesia dovevano essere tassati in alta misura e determinati con lo stesso sistema: ognuno avrebbe dato la sua parola riguardo alla quantità che ne possedeva. Quanto all’onore, alla giustizia, alla saggezza e alla cultura non dovevano andare soggetti ad alcuna tassa, perché erano doti di un genere così singolare che nessuno le ammette nel proprio vicino o ne fa gran conto se le possiede”. (Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Newton Editori, 2011, p. 170).

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