Il crocifisso a Montecitorio

 

 

La Lega Nord ha chiesto al Presidente della Camera di esporre il crocifisso nell’aula di Montecitorio, richiamando una recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo secondo cui l’esposizione del crocifisso non costituirebbe alcuna violazione della libertà religiosa (18 marzo 2011). Il “problema del crocifisso” non è affatto nuovo, per quanto mantenga sempre una carica politicamente destabilizzante. Il caso che ha fatto scuola avvenne nel 1995 in Baviera, dove una coppia di genitori di educazione steineriana chiese la rimozione del crocifisso dall’aula della scuola frequentata dai propri figli. Il corpo di un uomo morente – affermavano i ricorrenti – è un’immagine diseducativa che non favorisce la crescita serena dei bambini. Dal momento che l’ordinamento scolastico della Baviera prevedeva l’obbligo di esporre il crocifisso, i giudici decisero, con voto non unanime, che la normativa in questione era incostituzionale. Come tale, andava abrogata. Tralasciando gli aspetti giuridici, il caso del crocifisso impone da sempre la stessa domanda: che cosa deve prevalere nello spazio pubblico? Il principio liberale, secondo cui le minoranze devono essere tutelate dal potere della maggioranza, oppure il principio comunitario in base al quale deve imporsi il sentimento religioso dominante nella popolazione?

Gli studiosi sono divisi almeno quanto i politici.

Qualche anno fa, Will Kymlicka, un autorevole studioso dell’Università di Ottawa, ipotizzava di assegnare a ogni famiglia un numero di giorni da spendere liberamente per celebrare le proprie festività. Supponiamo che i giorni assegnati siano trenta, ogni studente o lavoratore rimarrebbe a casa per festeggiare le ricorrenze sacre nei periodi stabiliti dal proprio credo religioso. Questa proposta presentava l’inconveniente di garantire l’apertura degli uffici pubblici tutto l’anno, comprese le domeniche. Per questa ed altre ragioni, non ebbe molto seguito. Ma il vero problema sollevato dalla compresenza di più fedi religiose nel medesimo spazio politico è un problema simbolico e culturale e, dunque, di difficile soluzione.

Un celebre sociologo americano, William Ogburn, spiegava che nelle nostre società il mondo tecnologico e produttivo progredisce rapidamente, mentre la cultura cammina a un passo molto più lento e spesso arranca. È facile imparare a navigare in internet, ma ridefinire i nostri valori e modificare il nostro punto di vista sul mondo è assai più complicato. Il cambiamento culturale si verifica, certo, ma sono richiesti tempi lunghi e una serie di conflitti interiori non sempre di facile soluzione.

La richiesta della Lega Nord di esporre il crocifisso nell’aula di Montecitorio è un esempio da manuale della cosiddetta “teoria del ritardo culturale”.

La società italiana è cambiata, il mondo è investito dalla globalizzazione, le frontiere sono sempre più aperte, le culture si incontrano e dialogano. Eppure, alcune forze politiche esprimono il desiderio di tornare indietro e di ristabilire l’autorità della Chiesa che, occorre ricordarlo, ha visto progressivamente ridursi le presenze nei confessionali prima che l’Italia diventasse un paese di immigrazione. È difficile immaginare che il rifiuto dello Stato non-confessionale favorisca la convivenza pacifica tra gruppi con culture e identità differenti. Nessuno, finora, ha spiegato in maniera convincente come ciò sarebbe possibile.

A sentire gli italiani si ha l’impressione che il desiderio di risacralizzare la società non sia così sentito. Non lo è, certamente, tra i giovani, i quali sembrano assillati da questioni più prosaiche come la mancanza del lavoro.

Il principio liberale secondo cui lo Stato dovrebbe comportarsi con “benigna noncuranza” dinanzi alle differenze etniche e religiose è stato criticato con argomenti spesso interessanti, ma non sono ancora pervenute alternative convincenti.

Guido Calogero diceva che la democrazia, prima ancora che nella bocca, è nelle orecchie e che l’uomo democratico è, innanzi tutto, colui che ascolta: “La vera democrazia – diceva – non è il paese degli oratori, è il paese degli ascoltatori”. L’ascolto, ovviamente, prevede uno spazio per l’altro. Questo non significa che Calogero abbia dato una soluzione al nostro problema. Ma ci ha fornito un’indicazione di marcia.

 

Alessandro Orsini

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

One thought on “Il crocifisso a Montecitorio

  1. A parte che il tentativo della Lega di riaffermare in chiave cristiana un identitarismo popolare che il cattolicesimo in verità nasce per negare e che la chiesa nel 2011 in realtà combatte è del tutto paradossale, che c’entra il fatto che l’esposizione del crocefisso non costituisce una violazione della libertà religiosa con il fatto di decidere di appenderlo? Neppure l’esposizione del Diavolo Cornuto, in ipotesi simbolo religioso fondamentale della setta satanista XY, offende la libertà religosa, ma questo non è un buon motivo per renderne obbligatoria la esibizione.

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