La manovra è necessaria, ma non è sufficiente

  

Gli attacchi speculativi che l’Italia sta subendo in questi giorni – ossia la volontà degli investitori internazionali di ottenere un maggior rendimento dai Titoli di Stato a fronte di un maggior rischio, anche politico, percepito – altro non sono che il risultato di una politica economica che, a partire dagli anni Ottanta, ha visto crescere eccessivamente il debito pubblico del nostro Paese, portandolo alla cifra monstre di 1.890 miliardi di euro, pari al 120 per cento del Pil.

Si può discutere se le politiche economiche che si sono succedute nel tempo siano state più o meno efficaci, ma di fatto l’elevata spesa pubblica ha favorito nel passato la realizzazione di investimenti che hanno portato l’Italia nel novero delle grandi potenze economiche mondiali, evitando al contempo la crescita dell’indebitamento privato. Oggi, però, siamo chiamati a ridurre il nostro elevato debito pubblico, non più sostenibile, in uno scenario mutato in cui anche altri Paesi, apparentemente più virtuosi di noi, dopo aver visto recentemente crescere il loro debito pubblico, sono divenuti nostri concorrenti anche per quanto concerne il collocamento dei loro titoli sui mercati finanziari internazionali.

L’approvazione della manovra economica da quasi 70 miliardi di euro attualmente all’esame del Parlamento, proprio perché finalizzata al pareggio di bilancio nel 2014 e alla riduzione del debito, rappresenta dunque un tassello fondamentale per guadagnare credibilità sui mercati internazionali ed evitare l’aumento del costo del debito. Tuttavia, ritenere che il varo della manovra sia sufficiente a metterci al riparo dagli attacchi speculativi sarebbe un errore. In questo senso va letto il richiamo del presidente della Repubblica alla serietà. Le forze politiche accantonino la eccessiva litigiosità, si concentrino su come riportare su un sentiero di rigore i conti pubblici italiani e diano per prime l’esempio di una maggiore sobrietà.

Il sacrificio, perciò, non sia richiesto solo a chi a esso non può sottrarsi, ossia lavoratori dipendenti e pensionati. Occorrono segnali non equivoci di lotta all’evasione fiscale, ricordando che un prelievo equamente distribuito tra le diverse classi sociali produce coesione sociale, assolutamente necessaria in periodi di vacche magre. Allo stesso tempo occorre evitare che le politiche economiche siano eccessivamente influenzate da particolarismi territoriali. A tendere, il rovescio della medaglia dell’influenza fin qui avuta dalla Lega sulle scelte di governo, sarà l’emergere di forze politiche di carattere meridionalistico che le si contrapporranno, con il rischio di creare una frattura nel Paese, che a sua volta genererà una minore credibilità delle politiche economiche complessive e un aumento del costo del debito pubblico, vanificando quei benefici che pure le politiche territoriali miravano ad ottenere.

Occorre quindi una visione non miope del futuro del nostro Paese che, in questa delicata fase, miri a superare gli interessi particolari a favore di interessi generali. A tale proposito la classe politica deve essere da esempio, riducendo la distanza con i cittadini e accollandosi una parte dei sacrifici. La stessa sforbiciata di indennità e vitalizi parlamentari, nonché degli eletti a tutti i livelli amministrativi, andrebbe anticipata. Al fine di ridurre i costi enormi della politica, le Province, almeno dove esistono importanti aree metropolitane, andrebbero abolite e le loro competenze trasferite a Regioni e Comuni. La stessa politica dovrebbe avvicinarsi di più al territorio, attraverso una modifica della legge elettorale, con un ritorno al proporzionale o almeno al maggioritario a collegio uninominale, sistema che spinge i partiti a candidare chi ha maggiori chance di raccogliere voti ed è quindi espressione genuina del territorio. In mancanza, le istanze territoriali si sforzeranno di trovare uno sbocco in nuove formazioni politiche che potrebbero non essere in grado di trovare un compromesso a livello nazionale, come nel corrente caso del Belgio.

Come si vede, dunque, si tratta di temi – il rigore nei conti pubblici, la coesione sui principi di fondo di solidarietà e unità nazionale, l’equità fiscale, la giusta considerazione delle istanze territoriali, la legge elettorale – solo apparentemente disgiunti, in realtà espressione di un’unica visione: quella di un Paese serio, quale ci ha ricordato di essere il presidente della Repubblica.

Alfonso Siano

fondazione nenni

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