Bene, Presidente!

Bene, presidente Giorgio Napolitano, così si fa. Così si fa in politica, se si fa della politica che tenga conto della realtà, come deve sempre fare la politica se è veramente tale. Ma possibile che si debba avere l’impressione, a volte, che sia lui l’unico italiano, in Italia, ad avere, come si dice a Napoli, la testa in testa? Sì, stiamo parlando della obbligatorietà dell’assenso alla missione in Libia come opzione anche armata. Essendo di questa natura l’ordine delle cose vigenti è a quest’ordine che la politica deve corrispondere, soprattutto perché si tratta di cose che diventano cogenti (definizione questa che può benissimo stare al posto del termine guerra: con tutto quello che concettualmente ne consegue). Il fatto è che la peculiarità dello stato vigente dell’ordine del mondo, attualmente, sta tutto nell’avvenuto spostamento del baricentro delle decisioni politiche soggettive dalle singole nazionalità all’insieme oggettivo di esse che si viene sempre più configurando come impostazione unitaria (e globale) nella dimensione della Weltpolitik. Qui viene in mente uno dei celebri “aforismi” di Nenni: “La politica è la politica estera”. E’ il caso di completare la definizione riconoscendone la profeticità per quanto riguarda, appunto, lo spostamento dell’axis orbis della politica dalla dimensione delle nazionalità a quella della totalità: la Weltpolitik.

Discende tutta da questa consapevolezza la convinzione radicata nell’orientamento, chiaro, semplice, lineare, assunto da Giorgio Napolitano sulla parte di impegno che l’Italia è tenuta ad avere nell’episodio di Libia. Ed è inutile star qui a ripetere lo schema obbligante in proposito, che poi, detto in poche parole, sarebbe il seguente: giacché l’Italia fa parte di un sistema di alleanze generali, che sono costitutive della responsabilità nella determinazione di un equilibrio d’insieme, ne consegue che essa è obbligata a farsi partecipe della comune linea di condotta che da quella determinazione consegue. Tenersi fuori da questa obbligatorietà significa porsi fuori dalla logica della stessa politicità. Ragione per cui la necessità di essere, per l’Italia, una componente dell’intervento, va molto di là dell’ovvio richiamo di qualunque Realpolitik, la quale si autogiustifica sempre abbastanza facilmente con l’argomento della tutela degli “interessi nazionali”. Ora in ballo c’è molto di più di questo. La questione non è solo di “utilità”, ma di “identità” all’interno del sistema della Weltpolitik, come si diceva, di cui la “guerra di Libia” non è che un episodio.

Cesare Milanese

fondazione nenni

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