Sul capitalismo

Per capire e “misurare” la crisi del capitalismo non bastano i dati “econometrici”; è importante, anzi è fondamentale, la coscienza che si ha di tale crisi, della sua natura, della sua gravità. In una parola di definirla. Già abbiamo citato fatti e scritti. Se ne possono aggiungere a josa.

E’ interessante quello che ha datto Nancy Pelosi, allora presidente della Camera dei rappresentanti: “Dobbiamo risanare imprese condotte al disastro dai manager….E’ giusto nazionalizzare e lasciare la decisione ai cittadini che tirano fuori i soldi”.

Nella Mecca del grande capitale, Davos, (2009) la globalizzazione, la loro religione, si arrende al protezionismo (nel pacchetto di salvataggio di Obama è stata inserita la clausola “by american”). La crisi della globalizzazione è un fatto evidente! Come è evidente l’egoismo statal-nazionale dei maggiori paesi europei, Francia e Germania in barba al mito dell’Unione.

Le formule sono cambiate: Obama adotta il big government e Cameron la big society: formule diverse ma entrambe centrate sulla mano pubblica.

Si potrebbero riempiere pagine sulla “conversione” al mercato regolato, tipo: “Il capitalismo ha bisogno di essere ‘constrained’ dalla legge intesa a incanalare la sua energia al bene generale” (Economist, 19 dicembre 2009, p. 36). O Vince Cable, business secretary al Convegno del partito liberale inglese nel settembre 2010: “Il capitalismo uccide la competizione”. O, più autorevolmente, Samuelson: “Il mercato che si autoregola si autodistrugge”.

Sono innumerevoli i libri e i saggi sulla “scoperta” del ruolo dello Stato sul mercato. Solo qualche citazione. Joseph E. Stiglitz in “Bancarotta” (Einaudi): “I mercati sono il cuore pulsante di qualsiasi economia efficiente….ma abbandonati a loro stessi falliscono in modo evidente” (p. 18). E lo “Stato assume un ruolo di primo piano” (p. 420).

Di grande interesse il libro di Ulrich Beck “Potere e contropotere nell’età globale” (Laterza): “Come possono…. gli Stati riconquistare un meta-potere di fronte agli attori dell’economia mondiale per imporre al capitale un regime cosmopolitico che includa anche la libertà politica, la giustizia globale, la sicurezza sociale e la conservazione dell’ambiente?” (p. VIII) Detto tra parentesi il “cosmopolitismo” di Beck sembra la traduzione moderna dell’internazionalismo socialista.

E mi fermo con le citazioni di politici ed economisti. E i cittadini che cosa pensano della questione?

L’Economist del 9 aprile 2011 pubblica a pag. 60 i risultati di un sondaggio della Globescon il quale mette a confronto l’andamento del “gradimento” del capitalismo in molti paesi tra il 2002 ed oggi. Con l’eccezione di alcuni paesi, stranamente la Spagna e – ovviamente – la Cina dappertutto, compresa l’India si rivela il “falling public support” per il capitalismo. Con una battuta: messo ai voti il capitalismo è in minoranza. Ma si può esser certi che la maggioranza continuerà a perdere. Potenza del denaro!

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

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