In Libia l’Italia è nell’angolo

Sul palcoscenico internazionale l’Italia è nell’angolo. Roma fornisce basi e caccia alla coalizione che sta proseguendo i raid in Libia, augurandosi che Gheddafi se ne vada al più presto, ma al tavolo dei “Grandi” si accontenta di raggranellare le briciole. E, cosa ancora più grave, si trova completamente sola nel gestire l’emergenza immigrati. Come si è arrivati a questo? Attraverso una politica estera davvero poco lungimirante, per non dire ambigua e perennemente in ritardo, rispetto alle posizioni assunte da Gran Bretagna, Francia e Germania. Il pacchetto di buoni rapporti che l’Italia poteva giocare sul tavolo della comunità internazionale per assumere un importante ruolo di mediatrice per l’uscita di scena del Colonnello, è stato completamente dissipato. Se poco meno di due mesi fa il ministro degli Esteri Franco Frattini elogiava Gheddafi come esempio di “riformismo” di fronte agli occhi arrabbiati dei tunisini che si stavano rivoltando a Ben Alì, dopo un pugno di settimane ha improvvisamente definito il raìs libico come “un macellaio”, con il quale è bene non trattare. Questo ha allontanato la possibilità che Gheddafi scelga Roma come cerniera per dialogare con la coalizione occidentale, ma – allo stesso tempo – la risposta dell’Europa non è stata quella che ci si aspettava. I “big” di Bruxelles hanno relegato l’Italia nell’angolo. Un peccato, visto che Roma più di ogni altro Paese, assieme all’Unione africana, avrebbe potuto svolgere al meglio il delicato compito di ricucitura per agevolare l’uscita di scena del raìs senza ulteriori spargimenti di sangue. Ma adesso non c’è più né tempo né modo. E il vuoto della politica estera italiana viene tristemente colmato da migliaia di profughi che in queste ore arrivano dalle coste del Nord Africa e di fronte ai quali il silenzio e l’ignavia dell’Europa pesa come un macigno.

 

Anna Mazzone

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