“ Per convincere gli altri che qualcosa è giusto o sbagliato ci serve un linguaggio dei fini, non un linguaggio dei mezzi” (pag.131), “ La questione sociale è tornata al centro della scena” (pag.127). “La sinistra non è stata capace di dare una risposta efficace alla crisi finanziaria del 2008 (e più in generale all’abbandono dello Stato in favore del mercato negli ultimi trent’anni)” (pag.129).
Le ragioni per rilanciare lo Stato: “…Siamo entrati in un’epoca di paura. L’insicurezza è tornata ad essere un ingrediente attivo della vita politica nelle democrazie occidentali…terroristi, immigrati, perdita di posti di lavoro, criminalità. Ma le fonti di insicurezza reali ‘aumenteranno’, cambiamenti climatici drammatici, con gli effetti sociali e ambientali che produrranno, il declino dell’ ‘impero’ e le ‘piccole’ guerre…l’impotenza politica collettiva di fronte a tumulti con un impatto devastante a livello locale…con il crescere delle minacce globali, crescerà inevitabilmente anche il desiderio dell’ordine”. E’ sarà la crisi della democrazia, se non approntiamo gli interventi appropriati.
Queste citazioni sono tratte dal libro di Tony Judt, “Questo è il mondo”, Laterza 2011. Un testo illuminante il quale ci dice che il passato è tutto passato e che un mondo nuovo può essere costruito dalla comunità che, combinando la mano pubblica con quella ‘invisibile’, preservi la libertà, le libertà ma anche la sicurezza, il benessere, il lavoro, il clima…
Sono spunti per l’elaborazione di una moderna teoria dello Stato e della società, in una parola di socialismo, per usare un messaggio antico in significato nuovo.
Segnaliamo il libro di Richard A. Posner, “La crisi della democrazia capitalistica”, Università Bocconi, 2010, analisi accurata della crisi del 2008. In una dotta prefazione Guido Rossi scrive tra l’altro: “E’ gioco futile e sciocco polemizzare se sia più responsabile della situazione attuale la politica o l’economia: sono ambedue vittime dell’ideologia contrattualistica e dell’efficienza del libero mercato…Democratizzare l’economia di mercato, abolendo il più possibile le ineguaglianze…è certamente una proposta che può essere coltivata”. E che noi coltiveremo!