-di Maurizio Fantoni Minnella-
Può capitare che qualcuno della vecchia guardia comunista scambi la Russia di Vladimir Putin per l’Unione Sovietica di Josip Stalin e che il sentimento filo-russo e quindi filo-Putin nasca proprio da questa sovrapposizione geopolitica. Però un fatto è certo: Putin, da autocrate nazionalista quale è, non ha mai nascosto la propria ammirazione per una figura come quella dell’”uomo di acciaio”, non importa se rappresentante dell’ideologia comunista, quanto piuttosto campione di quell’idea di Russia, direi nazionalista e post-zarista, che esaltava il proprio ruolo di potenza nazionale o di impero. Insomma se Stalin ereditava l’autocrazia zarista e la grandeur degli imperi coloniali d’Occidente, Putin ne sarebbe a buon titolo il degno erede.
Non sono certamente questi signori che ci aiuteranno a comprendere meglio le ragioni profonde di questo conflitto. Ma nemmeno gli altri, ovvero la maggioranza dei media mainstream né tantomeno il vittimismo guerrafondaio del presidente Zelenskj.
Può capitare, infatti, che qualcuno in larga maggioranza confonda la resistenza italiana che fu lotta di liberazione, con una forte componente ideologica antifascista, di una minoranza civile e politicamente plurale che combatteva contro il fascismo interno e l’invasione nazista, con una difesa armata di uno stato nazionalista, controllata dall’esercito regolare, da cittadini volontari e da gruppi armati paramilitari neo-nazisti, gli ormai ben noti Battaglione Azov, Pravy Sector e Svoboda, certamente minoritari ma agguerriti e determinanti gli esiti del conflitto, che qui da noi rischiano di passare per “patrioti” ed “eroi”. Per il patriarca di Kiev, Stepan Bandera, il boia di Baby Jar (1941), a cui i suddetti neo-nazisti si ispirano, è addirittura un santo!.
Lo ribadiamo, qui si combatte, invece, una guerra tra due opposti nazionalismi scaturiti dalle ceneri del mondo sovietico, sebbene dietro tale bipolarismo se ne delinei un altro ben più ampio, quello tra Stati Uniti e Russia. In altre parole, la fine dell’Urss ha spalancato un vuoto desolante e incolmabile che non poteva che essere colmato con il ritorno, in senso politico, al nazionalismo, ossia a una regressione storica e politica e in senso economico, al trionfante neo-liberismo, che i nostri campioni di progressismo e di interventismo targato Pd non sembrano proprio voler vedere. All’onestà intellettuale e quindi, alla ricerca di una possibile verità dei fatti, si è invece preferito ribadire talora istericamente, una posizione di comodo, tanto più ideologica quanto prevedibilmente ancillare e subordinata alla volontà degli Stati Uniti attraverso lo strumento principe dell’onnipresente e onnipotente Nato, nascondendosi però dietro l’incontestabile principio dell’autodeterminazione dei popoli, fingendo di dimenticarsi che tale principio dovrebbe valere anche per le minoranze all’interno dello stesso stato. Perché, ad esempio, non si vuole riconoscere che la guerra del Donbass iniziata nel 2014, ha visto uno stato nazionale opprimere una minoranza di quello stesso stato? Per essa non vale, forse lo stesso principio dell’autodeterminazione, le vittime russe o filo-russe per mano ucraina di questo conflitto non meritano lo stesso rispetto di quelli per mano russa? Perché inoltre non si può dire che i governi ucraini succedutisi dalla caduta da Janukovich fino all’elezione di Zelenskj hanno deliberatamente invaso il Donbass?. Perché, infine non si parla della crisi idrica della Crimea, avviata dal governo ucraino nel 2014, dopo l’annessione del territorio da parte della Russia, e utilizzata in forma di ricatto verso la popolazione russa della penisola che in un referendum (ovviamente non riconosciuto dall’Ucraina) votò a larga maggioranza per l’annessione alla Russia? E con altrettanta disonestà intellettuale si continua a non voler ammettere che nello scacchiere politico attuale vi siano soggetti non meno insidiosi della Russia, sebbene con ruoli diversi come appunto gli Stati Uniti che fin dalla caduta dell’Unione Sovietica mirano ad allargare fino alla Russia e magari, un giorno, alla Russia stessa, la propria influenza economica e politica attraverso l’adesione alla Nato.
Le conseguenze di tali scelte le vediamo ogni giorno in una stampa e in una televisione sempre più di regime, ma anche all’interno di certe istituzioni culturali, anch’esse allineate su un pensiero unico che in quanto tale esclude una visione dialettica, che, infine, potrebbero essere lette come preparazione di uno scenario politico futuro altrettanto allarmante. In altre parole, questa guerra più di altre ha rivelato meccanismi di influenza, di esclusione e di conformismo che altrimenti sarebbero forse rimasti per chissà quanto tempo sotto la coltre. Parliamo dell’allineamento da parte del governo Draghi appoggiato dal Pd a dei più importanti media nazionali (con poche se non pochissime eccezioni), sulle logiche dell’interventismo come affermazione di un potere nazionale, ancora una volta dimostrando di non avere imparato a trarre utile insegnamento dalla storia passata. Giornalisti, ambasciatori e noti personaggi pubblici che mentono sapendo di mentire solo perché chiamati a difendere gli interessi di una parte (l’Atlantismo Nato e gli interessi economici degli Stati Uniti) e non quella della semplice verità dei fatti. E anche in questo caso con poche ma autorevoli eccezioni tra giornalisti, filosofi, studiosi di varie discipline. Il metodo d’informazione usato in occasione dell’uccisione a sangue freddo della giornalista americana di origine palestinese a Jenin in Palestina, non è forse la stesso che venne applicato nel 2014 con la strage di Odessa, quando si disse che i filo russi chiusi nella casa dei giornalisti erano morti per un incidente, per pura fatalità? Come si scoprì in seguito la verità della strage ad opera di ultrà ucraini filo-nazisti, così è stato subito chiaro che i proiettili trovati nel corpo della giornalista venivano da una arma israeliana. Colpita alla testa con la precisa intenzione di uccidere. Bisogna proprio dirlo una volta per tutte: Israele, nel tempo ha assimilati i metodi peggiori dei peggiori aguzzini della storia moderna!… Servilmente ci si è rifiutati di attribuire le responsabilità degli assassinii perché appartenenti a paesi notoriamente protetti dagli Stati Uniti: Ucraina e Israele.
Parliamo di istituzioni culturali di rilievo come università pubbliche e private, istituzioni musicali, musei che boicottano corsi di lingua e letteratura russa, magari imponendo la ridicola condizione di accostare al russo di turno (in quel caso Fedor Dostoevskj), uno scrittore ucraino!!!. Il caso della Biennale veneziana che rifiuta di ospitare gli artisti russi adducendo il pretesto che essa non può per vocazione essere neutrale ma “dentro i fatti della storia”….Ma se analizziamo attentamente un simile delirio di ottusità, vediamo il profilarsi di uno scenario che vede come principali attori, partiti politici di maggioranza, istituzioni culturali, giornalisti e opinionisti della maggiori testate nazionali, e come comprimari le masse di lettori e quelle di non lettori che il diffuso benessere prima, le frustrazioni economiche dopo, e la propaganda hanno reso sempre più docili e sottomessi. Ci aspettiamo che in un futuro politico prossimo del nostro paese, oltre alla destra post-almirantiana, che andrà al potere dopo ben 75 anni di sforzi non del tutto andati a vuoto anche grazie all’aiuto di segmenti oscuri dello stato, vi sarà una serie numerosa di comprimari, fiancheggiatori, opportunisti e ruffiani che agirà non più e non solo in nome del vecchio ma pur sempre funzionale anti-comunismo, ma per la semplice vocazione a compiacere il potere mettendosi magari subdolamente a sua disposizione. Il potere, infatti, è come il denaro, alla fine è sempre lui a guidare le azioni di chi volontariamente vi si sottomette.
N° 40 del 19 maggio 2022