-di PIERLUIGI PIETRICOLA-
Pervade in questi giorni le cronache dei giornali e le bocche delle persone un dibattito che così si può riassumere: nella scienza bisogna avere fede.
Che il mondo scientifico poco abbia a che fare con la fede è querelle antica sulla quale sarebbe ozioso tornare.
Interessante, invece, è definire il concetto di fede.
Elémire Zolla sosteneva si trattasse di una parola di cui si poteva fare a meno. A fede, preferiva il vocabolo sapere. Quindi nella vita di ognuno ci sono cose che si conoscono, cose che si conoscono solo in parte e cose di cui si ignora tutto. Quale l’utilità della fede in questi tre casi? Nessuna. La conoscenza è più solida e affidabile.
Dante in versi celeberrimi definì la fede “sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi”. Ciò in cui si spera e ciò che non si palesa come dato fattuale non possono appartenere al mondo della scienza, ma a quello della fede. Anche quando raggiunge risultati certi, per statuto epistemologico la scienza non chiede da parte dell’uomo un atto fideistico, ma un sano esercizio dubitante di cartesiana memoria. È il solo modo per consentirle di progredire nel suo cammino, così evitando di cadere nell’’oscurantismo che tanto ha combattuto. Gli epigoni della supposta scienza di oggi, che si definiscono impropriamente scienziati, chiedendo a tutti di credere ciecamente e di non riflettere criticamente, sono rappresentanti – non sappiamo quanto inconsapevoli – dello scientismo, che è cosa essenzialmente diversa e molto meno nobile della scienza.
Vi è nella Bibbia una storia poco nota: quella del serpente di bronzo. Usciti dall’Egitto, nel deserto molti ebrei vennero morsi da serpenti e morirono. Mosè, allora, issò sul suo bastone un serpente di bronzo. Chi vi posava lo sguardo, sarebbe stato salvo dal morso mortale dei serpenti veri. Episodio misteriosissimo, che si complica ulteriormente pensando a quanto ebbe modo di dire Simon Weil: perché adorare un vitello d’oro è demoniaco mentre, invece, è salvifico osservare un serpente di bronzo?
Ripensando a questa storia, occorre riflettere su un enigma: se la scienza, come viene comunicata oggi, sia un vitello d’oro o un serpente di bronzo.
N°: 59 del 06/08/2021