– di ANTONIO DERINALDIS –
“Le idee camminano con le gambe degli uomini” diceva Pietro Nenni. E mai affermazione di questo tipo fu così determinante. Il tempo che stiamo vivendo ci ha messo dinanzi a delle sfide cruciali non più rinviabili secondo l’ONU Report del 2019: la transizione verde (green transition), la trasformazione digitale (digital transformation), l’invecchiamento della popolazione (ageing population), la rigenerazione urbana ed ambientale (urban and environmental regeneration) e l’immigrazione internazionale (international immigration). Ma quando la “transizione pandemica”, ci auguriamo presto sarà “vaccinata”, avremo altre due sfide globali da affrontare a viso aperto che definisco in termini anglosassoni: la “democracy globalition” e la “knowledge foundation”. La “democracy globalition” è una grande alleanza globale per la tutela dei diritti umani e sociali alla base dei processi democratici pieni e compiuti al servizio delle comunità come sostiene Ganesh Sitaraman. La “knowledge foundation” è ricostruire il tessuto sociale, istituzionale, economico e politico finalizzato alla creazione della società della conoscenza per una leadership innovativa che sappia affrontare il futuro che ci attende con competenza e solidarietà come ci indica Joseph E. Stiglitz. Al centro c’è l’uomo, la persona, un nuovo umanesimo integrale, la “dignitas homine”. Il brocardo latino menzionato dalla costituzionalista Ida Angela Nicotra “necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem” ci ricorda come l’avvento del Covid-19 ha sconvolto la vita quotidiana nella nostra comunità, nelle nostre città, negli spazi della cultura e dell’educazione permanente, sui luoghi di lavoro, nei nostri affetti. Ma al centro rimane la “persona”, culla dello spazio e del tempo nella quale la democrazia si integra con il sapere e la conoscenza., laboratorio dell’ecologia integrale. L’Agenda ONU 2030 sugli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDGs) è oggi un “globale piano di azione” da declinare in ogni paese e territorio del Pianeta. L’Agenda ONU 2030 è la Carta Mondiale del Progressismo, è una nuova formula di “geo-riformismo” che traccia una “New Human Agenda” secondo il pensiero dell’antropologo Yuval Noà Harari. Il concetto di “pars pro toto” (parte di un tutto) ci ricorda quello che gli americani chiamano “connectiveness”, cioè che la nostra connettività è legato ad un tutto, che siamo parti di essa, che la difesa della casa comune, è la nostra casa, il Mondo, la società, la persona, noi stessi. “C’è un’interazione tra gli ecosistemi e tra i diversi mondi di riferimento sociale, e così si dimostra ancora una volta che il tutto è superiore alla parte” (Papa Francesco, da Laudato Si). L’Agenda 2030 evidenzia in particolar modo come l’Obiettivo 11 in merito alla creazione di città e insediamenti umani accessibili, sostenibili e “inclusivi” (“il nostro diritto alla città” di lefebvriana memoria) sia completamente connesso con l’Obiettivo 4 in riferimento alla “quality of education” cioè il nostro diritto all’educazione e alla conoscenza accessibile per tutti e a tutte le età (“life long learning”). Questa argomentazione sottolinea come il territorio, la sponda civica dell’impegno quotidiano al servizio della collettività e dell’ambiente urbano circostante non può non trascendere nella cura e “coltura” della democrazia. “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali” (Papa Francesco). Ecco allora la necessità di un nuovo modello di sviluppo che ispirato ai grandi pensatori del nostro tempo, all’Agenda ONU 2030 e in prospettiva alle componenti di realizzazione dell’European Recovery Plan, ponga le fondamenti di un “riformismo integrale” quale sponda di un “nuovo umanesimo” ad impronta socialista e maritainiana. J.F. Kennedy nel ’68 parlò di un “Alleanza per il Progresso” che oggi merita ulteriori riflessioni. “Lo sviluppo sostenibile non sono frasi romantiche e buoniste ma il progetto responsabile di un programma di innovazione tecnologica, industriale e sociale che cambia la prospettiva del nostro stile di vita” (Pierpaolo Bombardieri – Segretario Generale UIL). E da qui riparte il futuro.
N°: 22 del 08/03/2021
Molto bello e condivisibile. Solo, probabilmente c’è un refuso nella citazione di JFK, che è stato ammazzato nel 1963, e quindi non può aver detto quella frase nel 1968.