Migranti: accoglienza o repressione?

– di MAURIZIO FANTONI MINNELLA –

In questo inizio d’autunno accompagnato dall’ombra lunga del virus che ha ricominciato a incutere timore e preoccupazione, avvengono due fatti, collegati fra loro, seppur tanto diversi: la pubblicazione del volume autobiografico di Mimmo Lucano e la riapertura del Cpr (Centro per il rimpatrio), ex Cie, ex Cpt di via Corelli a Milano, dopo 7 anni dalla chiusura (2013). Ed ecco il paradosso: mentre si vorrebbe porre nuovamente l’attenzione sull’esperienza di Riace, voluta dal suo ex sindaco Mimmo Lucano, attraverso la narrazione da lui stesso condotta con precisione e chiarezza priva di qualsiasi enfasi o autocelebrazione, dove contano piuttosto i fatti e le ragioni che li hanno determinati, nelle 181 pagine del volume dal titolo emblematico Il fuorilegge La lunga battaglia di un uomo solo (1),  per altro verso, la logica di Stato si riprende il controllo del fenomeno migratorio, riproponendo, con la riapertura annunciata del centro milanese, quel modello di accoglienza, ma sarebbe più appropriato dire di raccolta, palesemente concentrazionario e repressivo (per la cui chiusura vennero fatte molte manifestazioni e sit-in di protesta!), così come del resto, richiede, altresì, un diktat europeo. Questo chiarisce ancora di più la natura palesemente politica del processo Lucano (tutt’ora in pieno svolgimento), che sorprendentemente unisce sotto lo stesso tetto centro-destra e centro-sinistra, preoccupati del fatto che il “successo” del cosiddetto “modello Riace”, possa, dunque, essere esportabile oltre i limiti della stessa Riace e della logica autarchica del ripopolamento dei villaggi calabresi in abbandono.

Ma se osserviamo da vicino il lavoro ventennale sul territorio svolto da Mimmo Lucano e dai suoi collaboratori, scopriamo che l’essenza di quel progetto risiedeva nell’avere sperimentato, nella dimensione di un microcosmo urbano lontanissimo dai grandi centri, l’idea del mondo in un solo luogo, sorta di miniatura dell’universo cosmopolita e multietnico proprio della dimensione metropolitana, ma, tuttavia, senza il potenziale di conflittualità sempre presente in essa. In altre parole, Mimmo il ribelle dall’animo movimentista, ma con il corpo nelle istituzioni, realizza il sogno di un’utopia, già anticipata qualche anno prima nel vicino paese di Badolato, che subito diventa realtà concreta, non solo nell’accogliere migranti di diversa provenienza, ma nel dare loro alloggio e lavoro, facendoli interagire secondo l’idea di un universo di pace e di fratellanza. Ma questa è Riace, solo Riace. Fuori le cose sono un po’ diverse; basti pensare alla realtà del centro della vicina Rosarno. Un “lager” per immigrati in continuo sommovimento. Per queste ragioni, il mondo ruotante intorno a concetti come socialità e convivenza, in Italia e nel mondo, quasi mai veramente politico, ma piuttosto etico e civico, ha eletto Lucano a esempio unico di civiltà dell’accoglienza (si pensi, tra gli altri, alla presenza di Wim Wenders a Riace nel 2010 (2), idealizzandone, forse, suo malgrado, la figura, facendo di Riace un avamposto di ecologia umana sostenibile, che ne ha, purtroppo, involontariamente, favorito un consumo turistico engagè e, infine, suscitando, le ire di una politica e di una giustizia interconnesse che dipingono Mimmo Lucano quasi come un bandito moderno (sfruttando l’agiografia storica di una Calabria ribelle e banditesca), incurante del rispetto delle leggi (forse ignorando che è un principio a muovere Lucano, quello secondo cui, alla legge, in taluni casi è preferibile la giustizia), quando sappiamo essere i governi ad ignorare leggi scritte nella carta costituzionale come, quelle (ve ne sono ben tre, mai veramente applicate), sull’antifascismo riguardante la ricostruzione del partito fascista. Inoltre, alcune accuse rivolte a Lucano fanno perfino riferimento all’irregolarità di certe abitazioni utilizzate per ospitare i migranti, quando sappiamo che lo stesso tribunale di Locri dove sarà presto giudicato, presenta forti irregolarità e abusivismi!.  Questo è solo uno dei tanti paradossi di questo paese, che alimentano la macchina del fango contro colui che è, innanzitutto, un nemico politico del sistema che in tal modo si autoalimenta per conservare l’ordine stabilito delle cose. Ad esso preferiamo contrapporre l’immagine iconica di una barca spiaggiata come un grande pesce giunto al termine del proprio viaggio. Era la barca approdata sulle coste di Riace, carica di profughi curdi, che diede inizio alla grande avventura del piccolo, grande mondo della Riace di Mimmo Lucano (3).

 

 

Note

  1. Mimmo Lucano con Marco Rizzo, Il fuorilegge La lunga battaglia di un uomo solo, Feltrinelli editore, Milano 2020
  2. Dall’incontro del regista tedesco con Riace e Mimmo Lucano è nato un film mediometraggio dal titolo Il volo.
  3. I fotogrammi di quella barca chiudono, in funzione di memento, il film di Maurizio Fantoni Minnella, Esilio La passione secondo Lucano, 2019
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