-di PIERPAOLO NENNI–
Fu lo scontro tra due visioni contrapposte. L’Italia del futuro contro l’Italia della conservazione. Fu anche una corsa contro il tempo. Da un lato il fronte monarchico che rialzava la testa vendendo cara la pelle, dall’altro l’onda emotiva della resistenza che sembrava esaurirsi di fronte ai soliti errori della sinistra e allo sfilacciamento delle alleanze internazionali che avevano sconfitto il nazifascismo. Scrive Governi: “il tempo logorava la battaglia repubblicana, erodeva i margini del consenso della sinistra, che era stato grandissimo dopo la Liberazione. A mano a mano che il filo della “continuità” si irrobustiva, diventava una corda intorno al collo della rivoluzione democratica”.
Come già avvenuto dopo la I guerra mondiale, i partiti di sinistra facevano di tutto per presentarsi agli elettori con un volto poco rassicurante: promettevano epurazioni (ma poi Togliatti ripiegava in sull’amnistia), creavano disordini, praticavano vendette sommarie e guardavano affascinati all’Unione Sovietica facendo apparire l’opzione repubblicana come l’anticamera per la rivoluzione.
Nell’incertezza di tale scenario, si inserisce la Democrazia Cristiana, erede della gloriosa tradizione del Partito Popolare, con una strategia politica ambigua (a anche un po’ cinica) volta alla massimizzazione di un consenso quanto più trasversale possibile, ammettendo il voto disgiunto D.C.- Monarchia / D.C. – Repubblica e proponendosi come baluardo della stabilità del Paese.
Si vota per la prima volta dopo 25 anni e la delicata partita tra Monarchia-Repubblica si incrocia con quella altrettanto fondamentale dell’elezione dei rappresentanti all’Assemblea Costituente dove si disegneranno gli assetti futuri del Paese.
Pietro Nenni in questa battaglia ci mette il cuore, la testa e la faccia. E’ la sua battaglia ed il 2 giugno è la “sua” giornata. È sempre stato repubblicano. Fin da bambino aveva assistito ai soprusi, alle violenze e alla profonda ipocrisia della monarchia sabauda (e di un certo parassitismo della nobiltà ad essa legata). La fiducia nella ragione si scontra con l’istinto dell’animale politico.
L’abdicazione di Vittorio Emanuele III a favore del figlio Umberto è il colpo di teatro, l’estremo tentativo di salvare l’istituzione monarchica e ripristinarne un briciolo di credibilità. Man mano che passano i giorni e ci si avvicina al 2 giugno, il vantaggio dei sostenitori della repubblica si assottiglia. Nonostante il sostegno al fascismo, il tradimento degli italiani (e di Mussolini), la guerra e il tracollo economico, la monarchia preserva ancora un certo fascino in un Paese fiaccato dalla guerra, spaventato, rancoroso, con una popolazione ridotta alla fame e un crescente conflitto sociale.
Anche la memoria vacilla diventando pericolosamente selettiva. Ed ecco che la monarchia viene percepita come un’istituzione rassicurante in un mondo che cambia ad una velocità per molti inquietante: è un ostacolo per la costruzione del futuro, ma si sa, gli italiani a parole cercano il cambiamento ma nei fatti tendono a preferire la strada vecchia all’ignoto. E Nenni, mentre attende in casa – in un tempo sospeso e lunghissimo – i risultati che verranno proclamati solo il 6 giugno dalla Corte di Cassazione, sa che l’esito non è affatto scontato.
Ma questo referendum è anche il primo a suffragio universale maschile e, soprattutto, femminile.
La partecipazione delle donne al voto è un elemento dirompente in grado di modificare gli equilibri politici e conseguentemente i risultati del voto: le donne sono state le grandi protagoniste della resistenza e hanno finalmente preso coscienza della propria forza. La vittoria della Repubblica è senza dubbio una vittoria delle donne. E senza donne al voto la Repubblica non avrebbe vinto.
La nuova Italia è repubblicana, ma soprattutto poggia le sue basi sull’uguaglianza di genere e delle classi sociali.
Le prime donne entrate in Parlamento non tradiscono queste speranze. Sono soprannominate “Madri Costituenti”: Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici Agamben, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra Verzotto, Vittoria Titomanlio (DC ), Adele Bej Ciufoli, Nadia Gallico Spano, Nilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi (PCI), Angelina Merlin e Bianca Bianchi (PSIUP ) e Ottavia Penna Buscemi (Uomo Qualunque).
Vorrei ringraziarle e dedicare loro questa giornata di festa.
La Costituzione più bella del mondo, la nostra Costituzione, non fa altro che codificare le aspirazioni ed i valori che hanno portato alla vittoria del 2 giugno.
Ai nostalgici della monarchia illuminata, delle élite al potere, dell’uomo forte contro la democrazia che non decide, a coloro che vorrebbero eliminare i corpi intermedi, le opinioni diverse da loro perché così “si perde efficienza”, semplificare la complessità del mondo reale cancellandola con un tratto di penna (e magari qualche goccia di olio di ricino), vorrei ricordare che quando queste istanze si sono realizzate non è andata affatto bene.
Sebbene imperfetta, la nostra amata Repubblica è la cosa migliore sia mai capitata in Italia. Suggerisco loro di leggere IL DICIANNOVISMO di Pietro Nenni di fresca ristampa (HARPO ed.). Scopriranno che prima non si stava meglio, ma molto peggio. E sono grato al mio antenato e al coraggio di tanti uomini e donne che hanno lottato insieme per donarci un grande progetto di libertà e democrazia
La straordinaria visione espressa dai Padri (e Madri) costituenti nei Principi fondamentali ci abbraccia con un impeto che ci emoziona ancora oggi, per lungimiranza, modernità e ambizione.
I primi tre articoli sono la bussola che ci guida in un lungo cammino, l’evoluzione degli italiani da sudditi del Re a cittadini della Repubblica:
Articolo 1
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Articolo 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso], di razza, di lingua di religione di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.
Andrebbero ricordati ogni giorno, quando la sensazione della pochezza del dibattito politico ci getta nello sconforto e nella tentazione di facili soluzioni dagli esiti disastrosi.
Lo spirito del 2 giugno ci offre gli strumenti per capire chi siamo, prenderci le nostre responsabilità e riprendere in mano i nostri destini per traghettarli verso una società più giusta dove uguaglianza, benessere materiale e spirituale sono legati imprescindibilmente.
Sono valori assoluti, non negoziabili, che tutti noi, a prescindere dalle nostre identità o preferenze politiche, siamo obbligati a difendere.
W la Repubblica, W l’Italia, W il 2 giugno.