Scanzi e il suo sguardo ironico sul mondo

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

Non esiste arma più efficace dell’ironia. Non ricordo se fosse Sant’Agostino ad affermare quanto sto per dire; ma, come che sia, conta il contenuto: la comicità è la democrazia che frusta se stessa, è la gioia che sorride su di sé. Quando si ironizza su un uomo di potere, non si fa che del bene alla libertà di pensiero e alla capacità critica di valutare fatti e situazioni con il massimo dell’obiettività di cui si può disporre. Non ultimo perché – e qui la finisco con le citazioni colte –, come sosteneva Bergson, il riso è l’anestesia del cuore.

Ci terrei ad invitare i lettori di questo blog, nel periodo in cui tutti si scambiano doni e si parte per vacanze più o meno brevi, a regalare e a leggere l’ultimo lavoro di Andrea Scanzi, Il cazzaro verde. Ritratto scorretto di Matteo Salvini. In poche settimane, questo agevole, intelligente e piacevolissimo libro ha spopolato, raggiungendo ben dieci edizioni – e credo che l’undicesima sia già in corso di stampa.

Nel tempo, Scanzi ha affinato ancor di più la sua tecnica di scrittura e il suo occhio sulla realtà. Corrosivo, impietoso, a tratti crudele e molto severo – anzi: severissimo! – fino a qualche anno fa. Pian piano, complice – suppongo – la lettura di Ennio Flaiano, il nostro Andrea ha lasciato ad una vena ironica goliardica, della quale è ottimamente dotato, più spazio e respiro. Questo gli ha consentito di poter affrontare temi di strettissima e drammatica attualità senza, però, assumere quel tono accigliato tipico dei giornalisti politici, propendendo in tal modo verso il tragico così creando diffuso malumore tra i lettori.

C’è, però, da stare attenti. L’ironia di Scanzi non è di quelle spensierate e talvolta stolide, come le si può ravvisare in tanti umoristi. Al contrario, essa è sempre ragionata, perché più che scherzare e irridere su uno status quo, preferisce farne emergere le contraddizioni evidenti, sottolineandole e mettendole davanti allo sguardo disinvolto e distratto del lettore.

Prendo, come esempio, alcune celebri battute di Ennio Flaiano: “Non preoccupatevi: il meglio è passato”; “Ho visto uno spettacolo pessimo perché non sono riuscito a chiudere occhio”; “Afflitto da un complesso di parità. Non si sente inferiore a nessuno”; “L’inverno è lastricato di buone intenzioni”; “Un critico rovinato dalle cattive compagnie teatrali”.

E veniamo a Scanzi. Ecco alcune sue battute fulminanti tratte da Il cazzaro verde: “Salvini diceva che, a dispetto di Alfano, non avrebbe mai inseguito la spettacolarizzazione degli indagati. Poi però è andato in pompa magna ad accogliere Cesare Battisti”; “In estrema sintesi, il Salvimaio può essere riassunto così: mentre i 5 Stelle lavoravano ora bene e ora male, Salvini stava al bar o in tivù”; “Matteo Salvini ha la coerenza di Renzi. Basta pensare alla Tav o agli inceneritori: prima fieramente contro, poi ovviamente a favore”; “Salvini era e resta bravissimo a incarnare il meglio del peggio degli italiani”; “Come Matteo Renzi, Salvini ha mosso i primi passi a Fininvest. E già qui c’è tutto il fallimento politico della sua (e mia) generazione”. Potremmo continuare a lungo, ma quanto sunteggiato basta a dimostrare l’affinità e l’influenza di Flaiano sullo stile di Scanzi. Il quale ha compreso che un’analisi politica può sintetizzarsi in una battuta, purché non sia il solito motto di spirito fine a se stesso.

Un ulteriore pregio del Cazzaro verde è la sua ponderata brevità, il fatto che ogni capitolo è sintetico ma esaustivo. Perché? Semplice la risposta: tutti sanno cosa ha fatto Salvini e il governo che ha contribuito a formare, ma in pochi vi hanno riflettuto con quel cinismo necessario al raggiungimento di un giudizio obiettivo. Allora ecco che l’ironia di Scanzi diviene semplicemente – si fa per dire – narrazione di contraddizioni in atto.

Ricordo che una volta sentii Umberto Eco dare questo consiglio a un ragazzo che gli poneva domande eccessivamente filosofiche: “Non cercare troppo nel profondo. I significati più importanti, sono tutti in superficie”. Lì per lì rimasi sbalordito. Poi, riflettendoci, compresi cosa voleva dire il mio mitico Professore elettivo: ogni riflessione profonda non è che la conseguenza di una retta e accurata analisi dei fenomeni in cui ci si imbatte. Questa, allora, è l’essenza del fare filosofia: comprendere il mondo e il suo perché sempre partendo dai fatti.

Ed è precisamente ciò che fa Scanzi, e che emerge in modo limpido dal suo ultimo libro. Perché Il cazzaro verde, al di là dell’oggetto di cui parla e degli eventi che vi si raccontano, ha il pregio di insegnare ai lettori: l’arte della scrittura come raggiungimento della sintesi e della chiarezza di pensiero; capire la realtà nel suo aspetto più ironico e comico: quei punti e quei momenti, cioè, in cui essa, più o meno goffamente, si contraddice.

Una lezione, questa che Scanzi ci offre, di cui bisogna far tesoro in ogni istante della nostra esistenza.

pierlu83

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