Un Jocker fra arte e prodotto di massa

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

È da poco uscito l’atteso film Jocker con protagonista uno straordinario Joaquin Phoenix nel ruolo del protagonista. Si tratta di un lavoro ben fatto, ottimamente interpretato e che ha il merito di aver raccontato una storia che, per certi versi, costituisce un felice prequel del famoso Batman firmato Tim Burton – che ha trent’anni ma nonostante tutto non ha perduto né fascino né originalità.

Non intendo riassumere la vicenda raccontata nel film, soprattutto per evitare che eventuali lettori, dopo aver letto questo articolo, non vadano più a vederlo. A mio avviso, ci troviamo di fronte ad una pellicola interessante per una serie di ragioni che, in certa misura, tradiscono quelle che sono le regole principali della cultura di massa. Con questo termine non si vuole intendere nulla di negativo, bensì solo indicare un certo tipo di prodotto estetico confezionato per essere consumato da un’ampia fetta di pubblico.

La fabula di Jocker racconta la storia di come il principale antagonista di Batman sia diventato il criminale che tutti conoscono, fornendo le ragioni della sua crudeltà. Nel fare questo, gli sceneggiatori hanno dovuto inventare di sana pianta una vicenda affidando al personaggio un passato che non ha mai avuto.

Si tratta di un’operazione che tradisce le normali procedure dell’arte di massa. La letteratura che corrisponde a questo genere, raramente ha dato una storia ai suoi protagonisti. Quale infanzia hanno avuto Dartagnan e gli altri moschettieri prima di diventare quelli che tutti conosciamo? Sappiamo come ha fatto Sherlock Holmes a sviluppare quelle doti di ragionamento deduttivo che lo hanno reso celebre in tutto il mondo? Oppure chi è che sa qualcosa di come Maigret si è innamorato della sua signora? Per finire con un esempio italiano: qual è l’infanzia del commissario Montalbano di Andrea Camilleri? Si tratta di trascorsi che ai fruitori non è dato sapere. Ed è una condizione che condividono tutti i personaggi che popolano l’arte di massa.

Perché avviene questo? Poiché gli eroi protagonisti del feuilleton debbono vivere per lungo e imprecisato tempo, non possono permettersi di avere un passato, altrimenti per loro si dovrebbe presupporre anche una fine inevitabile: la morte. Autori come Dumas, Simenon, Conan Doyle e Camilleri (e molti altri) hanno messo mano ad un prodotto creativo tale da disegnare un mondo dotato esclusivamente di un eterno e immodificabile presente, con le stesse dinamiche ripetute avventura dopo avventura. E anche se di tanto in tanto qualcosa si viene a sapere sul passato dei personaggi principali, le informazioni non sono mai tali da dilatare il tempo – sia all’indietro che in avanti. Gli autori di Jocker hanno comunque tradito questa regola, rendendo il personaggio più umano. Sulle ragioni di tale operazione parleremo in conclusione.

Altro elemento interessante del film: vi sono alcune scene in cui si vede il protagonista scrivere su un diario. Quando accade, la macchina da presa si colloca sopra il foglio di carta e le scritte che vi appaiono sono tradotte in italiano. Fino a qualche tempo fa, qualsiasi elemento scritto in un film straniero rimaneva in lingua originale. Tutt’al più nella versione doppiata potevano essere inseriti sottotitoli, ma oltre non si andava. Come spiegare questo cambiamento? Si può supporre per cercare di coinvolgere il pubblico nella storia raccontata, in ciò rispettando quello che un prodotto di massa ricerca come suo peculiare principio: un ampio consenso, come si diceva dianzi.

Sotto tale aspetto, allora, si può dire che Jocker sia un prodotto di massa. Ma allora come giustificare l’elemento in base al quale il protagonista di Batman è stato sottratto alla sua condizione di vivere in un eterno presente? È evidente, a parer mio, che tale operazione assume il significato di voler dare a questo film una connotazione diversa da quella che il pubblico, con spontaneità, gli avrebbe dato: quella di un’opera estetica di diffuso consumo. Mirabile proposito, tradito però dal fatto di aver doppiato anche le scritte che nell’originale apparivano certamente in forma inglese.

In parole povere, Jocker si presenta come film non di massa, salvo poi esserlo in pieno. Difatti, alla fine cerca di ricollegarsi al celebre Batman di Burton facendo rivedere la scena dell’uccisione dei genitori di Bruce Wayne – l’uomo pipistrello – compiendo un’implicita dichiarazione in qualità di prodotto di consumo, creando però confusione perché ad uccidere il ricco Thomas Wayne, padre di Bruce, non è il vero Jocker, ma un ignoto individuo con una maschera da clown, così affermando che questo non vuole essere un film di consumo come è Batman.

Ragionando per ampie astrazioni, si può arguire che l’arte cosiddetta di massa sta cercando di rendere i suoi connotati meno netti. Mentre un tempo non temeva di presentarsi come destinata al grande e non necessariamente colto consumo, oggi tenta di assottigliare tale distinzione fin quasi ad eliminarla. E Jocker ne è un chiaro esempio.

Che sia un bene o un male è presto per dirlo. Ma iniziare a notare che è in atto un tentativo di omologazione dei due generi è doveroso; anche per distinguere – pur nel rispetto – il capolavoro da un ordinario prodotto ben confezionato.

pierlu83

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