– di FELICE BESOSTRI –
Non dobbiamo farci deviare dall’ottica italiana per cui se alla sera delle elezioni, grazie a incostituzionali premi di maggioranza, il primo partito non possa formare un governo il paese è a rischio d’ ingovernabilità. Dopo le elezioni del 2017 il PP con 137, ma 3 di partiti regionalisti alleati, non raggiungeva la maggioranza assoluta nemmeno con i 32 di Ciudadanos (Cs). Hanno governato grazie all’appoggio in Parlamento di partiti regionalisti, e alla benevola astensione del PSOE che si era sbarazzato di Sanchez, contrario ad ogni sostegno al PP. I partiti regionalisti minori, baschi e/o catalani sono sempre stati necessari per formare maggioranze com’è avvenuto in tutti i casi in cui PSOE o PP non avessero ottenuto la maggioranza assoluta in solitario. La maggioranza del 2017 è venuta meno grazie all’iniziativa del PSOE di presentare una mozione di sfiducia dopo la pesante condanna del tesoriere del PP per finanziamento illegale, mozione, che trionfa il 2 giugno 2018 per il voto di baschi e catalani, oltre che di Podemos forte allora di 71 seggi, in realtà molto compositi, perché frutto di coalizioni elettorali regionali. Il governo del PP aveva, inoltre, dimostrato di non essere all’altezza di governare la crisi catalana dopo il referendum sull’indipendenza del 1° ottobre 2017. La crisi catalana coinvolge tutto il sistema politico spagnolo: la repressione e l’imprigionamento dei leader indipendentisti non l’hanno risolta. Il voto contrario dei partiti catalanisti al bilancio 2019, presentato dal monocolore socialista, ha provocato le elezioni anticipate. L’indipendentismo estremista e radicale è altresì la causa diretta della nascita, crescita e consolidamento di VOX, un partito di estrema destra centralista, nazionalista e nostalgico del franchismo. A così breve distanza dalle elezioni è azzardato fare previsioni sulla futura maggioranza e per la formazione del governo ed evitare elezioni anticipate, come la doppietta 20 dicembre 2015-26 giugno 2016, c’è tempo fino al prossimo 4 agosto. Il 26 maggio le elezioni europee daranno indicazioni per la formazione del governo spagnolo, come per la stabilità di quello italiano. La sinistra si è rafforzata ora conta 165 seggi (123 PSOE e 42 Unidos Podemos-UP) a fronte dei 156 (85 PSOE e 71 Podemos) del 2017. La destra, invece, nel complesso si è indebolita, malgrado il successo di VOX. Nel 2017 PP (137) e Cs (32) con 169 seggi erano ad un passo dai 176 voti della maggioranza assoluta. Dopo le elezioni del 28 aprile ne hanno appena 123 (66 PP e 57 Cs) che anche con i 24 di Vox sono più distanti dalla maggioranza assoluta e assolutamente politicamente fuori gioco per raggiungere un’intesa con i partiti regionalisti. A sinistra la leadership della coalizione è sicuramente socialista, Podemos a differenza del 2016 non ha più la forza di tentare il sorpasso (in italiano nella campagna elettorale 2016) e l’aumento socialista non è avvenuto soltanto a spese di UP, che perso 29 seggi, ma è più omogenea. Di contro a destra è aperta la lotta per la supremazia dopo il riequilibrio elettorale nel 2017 Cs aveva un quarto dei seggi del PP, mentre ora una tendenziale parità in percentuale (15,86% v. 16,70%) e una piccola differenza in seggi, ma con una dinamica favorevole a Cs, che aumenta i seggi del 75%, mentre il PP li dimezza. La chiave è nelle mani dei partiti regionalisti/autonomisti/indipendentisti, che complessivamente passano da 28, compresi 3 eletti nel PP, del 2017 a 38, tra i quali 23 catalani. In Catalogna già nelle elezioni del 2019 gli indipendentisti intransigenti sono stati ridimensionati a favore di ERC, un partito repubblicano di sinistra, che controlla la Generalitat, il governo autonomico catalano, già alleato del Partito Socialista Catalano, l’unica forza politica che aveva una proposta razionale e ragionevole per risolvere il problema catalano il passaggio ad un assetto federale della Spagna. Tuttavia, paradossalmente, quando sono in gioco pulsioni primarie ed istinti viscerali, razionale e ragionevole no significa realistico in termini d fattibilità. La formazione di una maggioranza PSOE, UP e ERC sarebbe un segno nella giusta direzione per la Spagna, ma anche per l’Europa, che ha bisogno di tutto ma non di ridurre la dialettica politica alla contrapposizione sterile tra europeisti generici e sovranisti populisti a colpi di slogan, retorica e tante chiacchere.