-di PIERLUIGI PIETRICOLA-
Il fatto che oggi da più parti, in occasione della prossima scadenza elettorale, ci si affanni a raccontare cosa sia stata l’Europa fino a qualche decennio fa, vuol dire una cosa sola: che quell’idea, ormai, non rappresenta che un mistero. Per chi? Per tutti – giovanissimi, meno giovani e anziani. Solo in pochi l’Europa, come fonte di valori e principio ispiratore culturale, resta viva nel ricordo. Sto parlando, ovviamente, degli intellettuali che, in tante occasioni e per tutta Italia, cercano di raccontare che cosa voglia dire essere europei e perché è importante. Il punto è: come si è potuto perdere il ricordo, il sentimento di un’idea così eccezionale e, viene da dire, unica in tutto l’Occidente? Il continente europeo è il solo, che mi risulti, ad aver abolito dai rispettivi sistemi giudiziari la pena di morte. Gli Stati Uniti d’America – faro di civiltà ed esempio su moltissimi fronti – non sono ancora stati in grado di eliminare questo abbrutimento della persona, e mai hanno tentato di trovare strade alternative per punire, giustamente, i crimini salvaguardando i diritti umani. Basterebbe solo questo per convincersi che all’Europa non si può rinunciare. Eppure così non è. Questa diffidenza nell’elettorato – italiano e non solo – si spiega in un modo: e cioè che l’Europa, ormai, si regge unicamente su un’idea malsana di economia. Si è, per meglio dire, convinti che siano i numeri a creare l’identità di un popolo. È falso ed è bene dirlo. Ovvio che l’economia è importante. È vero che dove c’è benessere sociale, tutto procede più facilmente. Ma questo non basta a creare uno spirito europeo. È quest’ultimo, precisamente, che manca. Se si chiede a qualcuno: “Cosa vuol dire per te essere europeo?”, arriveranno risposte non edificanti. Ma ciò significa che l’idea di Europa, che un tempo sottese e contribuì a creare l’attuale Comunità, è scomparsa perché non è stata doverosamente e puramente trasmessa e, perciò, del tutto dimenticata. La si può recuperare? Su questo sono ottimista. Occorrono, beninteso, preparazione culturale ed una certa curiosità per rievocare un passato le cui vestigia sono diventate invisibili e simili a spettri tenebrosi. Sarà sufficiente leggere qualche buon libro di storia, approfondire le visioni – la liberale, quella di sinistra e la moderata – che alimentarono il sogno europeo del ventesimo secolo e, se si volesse fare uno sforzo ulteriore, leggere qualche biografia dei politici che ne disegnarono il profilo ed il gioco è fatto. Ancora una volta: basta tutto ciò a far rinascere un sentimento europeo? Di appartenenza, cioè, ad una comunità che sia motivo ispiratore – sotto il profilo culturale, delle politiche e della tutela dei diritti fondamentali della persona – per tutte le altre nazioni del mondo? Lascio la domanda senza risposta, ma dico che farsi illusioni è da sciocchi. Che fare? Io penso che le forze politiche attualmente in campo – italiane e internazionali – siano chiamate a svolgere un grande compito: dire apertamente che l’Europa che tutti vogliono – loro e noi – non è quella delle procedure punitive e degli equilibri di bilancio (non solo, almeno). Bensì quella alimentata e creata dai Benedetto Croce, dai Thomas Mann, dai Sigmund Freud, dai Jean-Paul Sartre, dai Martin Heidegger, e via discorrendo passando per Dante per arrivare ad Omero. Questa è l’Europa che tutti amano e che chiunque difenderebbe con ogni mezzo (lecito, beninteso). Ma insieme ai politici, un’altra voce dovrebbe unirsi: quella della terza pagina dei giornali, cioè della sezione culturale. È lì che l’opinione medio-alta della popolazione può nutrirsi in modo sano e sperare di uscire fuori dai banali tracciati dei soliti luoghi comuni. Lancio, quindi, un appello: invece di badare solo a promuovere libri orrendi che meriterebbero l’oblio del silenzio, perché non dare maggiore spazio al racconto (scientifico e creativo) di quello che è stato e dovrebbe ancora essere il vero spirito europeo? Perché non spiegare che lo spread non è l’Europa? Perché? Non penso sia così difficile. Di giornalisti e collaboratori di raffinata intellettualità l’Italia abbonda. Che si lasci loro spazio sufficiente per educare – nel senso più alto e nobile del termine – le persone che a breve andranno a votare. Così facendo, migliorerà anche il livello culturale di tutta la classe politica – senza escludere nessun simbolo – che oggi, per bene che vada, esibisce stolida cialtroneria e nulla di più. Solo così l’Europa potrà salvarsi. Altrimenti, che qualcuno – Dio o chi per lui – vegli su di noi e le future generazioni.