-di FRANCESCA VIAN-
Vi fu un otto marzo nella storia: il più 8 marzo di tutti. Era l’8 marzo del 1945, nel campo di concentramento di Holleischen. Possiamo conoscerne i dettagli, grazie all’autobiografia di Teresa Noce, Rivoluzionaria professionale, recentemente ripubblicata dalla casa editrice Redstarpress, in collaborazione con Edizioni Rapporti Sociali.
Teresa Noce, nata nel 1900, poverissima, sartina dai 6 anni, a forza di leggere, seppe diventare segretaria della sua sezione del partito giovanile socialista di Torino; poi fu una comunista impegnata in tutte le tragiche esperienze del Novecento, approdando quindi all’Assemblea Costituente, e proseguendo oltre.
Rinchiusa nel campo di concentramento di Holleischen, ebbe l’idea con le sue compagne di sventura di fare una conferenza per l’8 marzo. Le ‘politiche’ volevano una conferenza solo per le ‘politiche’, ma Teresa non accettò: a tutte le donne doveva essere dato conoscere le fatiche di tante altre donne e la loro lotta per la libertà. Come informarsi? Chiedendo alle altre donne. Così Teresa, malata, senza forze per la denutrizione, esonerata dal lavoro per le sue condizioni, avvicinò quante più donne poté, ed esse avevano molto da raccontare.
Poi venne l’8 marzo. La sera suonò il silenzio. Allora Teresa salì sul giaciglio più alto di un castello posto in mezzo al suo blocco.
“Le deportate si affollavano sugli altri pagliericci e incominciai il mio discorso. Ogni tanto mentre parlavo si apriva silenziosamente la porta e facevano capolino deportate degli altri blocchi (…). Erano riuscite a sgusciare fuori e venivano anch’esse a sentire la conferenza sull’8 marzo. Parlai a lungo delle donne di tutto il mondo come mi ero proposta. Parlai dell’esempio tramandatoci nei secoli di chi aveva lottato per la difesa del proprio paese e per la libertà dei popoli, di coloro che si erano sacrificate per la pace e per la rivoluzione, che avevano dato la vita o avevano perso la libertà per difendere le compagne contro lo sfruttamento, la miseria e la schiavitù. Parlai delle sante e delle schiave, delle operaie e delle contadine, delle intellettuali e delle scienziate, delle analfabete e delle artiste. Continuai a parlare finché caddi stremata sul giaciglio che mi aveva ospitata”. (Teresa Noce, Rivoluzionaria professionale, Redstarpress – Roma, Edizioni Rapporti Sociali – Milano, 2016, prima edizione 1974).
Ecco allora che tutti quei tanti sacrifici, per secoli, di donne che hanno portato l’umanità più avanti, tornava a parlare, in quel campo, dove attorno alla voce narrante s’affollavano le internate, cioè altre protagoniste della lotta per la liberazione dell’umanità, molte delle quali non sarebbero sopravvissute alle poche settimane, che ancora mancavano alla libertà. Si parlava di un storia di lotte senza remissioni, di una storia di liberazione, che non si è mai fermata, ma che la conoscenza può ora solo appendere a degli attimi, tratteggiare a brevi ricordi qua e là. Ma anche se a tratti tenui, il disegno appare. Di una fatica immensa, ancora in viaggio, tuttora in atto, in tutto il mondo.
E leggendo i libri (questo è l’unico in commercio, ma ve ne sono altri nelle biblioteche) di Teresa Noce, si avverte anche il coraggio di chiedere: perché le donne devono faticare tutto? Vi sono uomini che hanno compreso bene la condizione delle classi politicamente oppresse, e che sono disposti a dare la vita per esse. Ma non riescono poi a testimoniare, né forse a capire bene, che manifestano essi stessi oppressione verso la donna. E così ti sembra, scorrendo nella lettura – ma forse è solo una tua impressione – che Teresa Noce estenda il senso ultimo della lotta: ti tornano in mente non solo oppressi e oppressori, non solo donne e uomini, ma altre prigioni moderne, dove vi sono tanti ‘senza diritti’, che non trovano ascolto da nessuna parte. E’ una liberazione senza confini che si apre alla tua immaginazione, riappoggiando il libro. Una liberazione anch’essa appesa a tratti casuali, a ricordi, ad attimi di un lungo estenuante percorso, in una strada con tanti bivi e con protagonisti sempre nuovi, che probabilmente bisogna anche saper vedere.
Nell’immagine di copertina, un dipinto di BRAMAR, Marcella Bravetti, dei primi anni ‘80, “Universo con occhi del creatore”, Bramar Galleria artistica, Perugia, http://www.bramar.org/.