Per un’Europa sociale e riformista

 – di PIERLUIGI PIETRICOLA –

 

Roma. È una mite mattinata di Novembre. Straordinariamente soleggiata, dato il mese e il cattivo tempo delle settimane da poco trascorse.

Mentre in strada le persone camminano per andare a lavoro o, molto più semplicemente, per godersi una bella giornata, alla Sapienza, nell’Aula Magna, gremita di studenti – ma anche di insegnanti e semplici curiosi – si svolge un convegno dal titolo emblematico: Italia, Europa: un nuovo riformismo.

Una giornata di studi e – verrebbe da dire – di riflessione. Operazione quanto mai necessaria, soprattutto in vista delle future elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.

Vi sono interrogativi ai quali è impossibile non rispondere e corrispondere: quale Europa ci aspettiamo nei prossimi anni? E di quale politica dovrà farsi portavoce? Le risposte non potranno essere scontate né eluse. In breve: le elezioni comunitarie del 2019 saranno di vitale importanza.

Questo convegno, in certo senso, ha contribuito a stimolare l’attenzione su tali tematiche. Non per una certa e spiccata originalità di idee che, a ben riflettere, sono a tutti note. Ma repetita iuvant.

Di particolare interesse si è rivelata essere la tavola rotonda svoltasi al mattino: La coesione sociale è la ragione dell’uguaglianza.

La riflessione è partita da una presa di coscienza – o ci si augura che tale sia –: i social media comunemente in utilizzo non rappresentano un luogo di discussione né di libertà. E ciò per due ragioni: gli argomenti posti all’attenzione degli utenti scaturiscono da casi emblematici presi in prestito dalla cronaca; oppure vengono dettati da coloro che gestiscono questi portali. Il tutto è al di fuori di una libera scelta da parte delle persone.

Cosa ne consegue? Che il racconto del sociale, inteso come elemento che tutti dovrebbe accomunare, per un verso o per l’altro sfugge al controllo diretto dell’individuo. E così anche l’agenda di discussione e riflessione sulla politica. In breve: la rete non è quel luogo dove è possibile esercitare una qualsiasi forma di libertà. E anche le opinioni espresse dagli utenti non originano da ponderate e mature riflessioni: bensì da momenti eclatanti che catturano l’interesse per un tempo più o meno lungo. Man mano che l’attenzione diminuisce, verrà meno anche la discussione che si era animata.

I mezzi di comunicazione di massa ormai – ha notato Alessandro Rosina – pongono le persone di fronte a qualcosa che in precedenza non c’era: il cambiamento perpetuo e non graduale. Fino a qualche decennio fa era possibile riflettere sui vari stadi di mutamento che la realtà produceva. Ciò consentiva una maggiore comprensione dell’evoluzione storica contingente. Il potenziamento dei mass-media ha contribuito a rendere tale processo non solo perenne, ma anche inadeguato a dare un ruolo alle giovani generazioni. I prossimi protagonisti della storia non saranno in grado di padroneggiare ciò che il futuro riserverà loro per via di questa infinità malata. E cosa genera tutto ciò? Paura. I ragazzi – studiosi o lavoratori alle prime prove – restano atterriti da tale contesto e preferiscono trarsene fuori. Azione puramente illusiva, perché in realtà finiranno per subire trasformazioni senza averne prima compreso la reale portata.

Una buona politica europea di riformismo – si è sottolineato nel corso della tavola rotonda – deve saper governare il mutamento, essere in grado di renderlo maneggiabile da parte della collettività. Solo così si potrà realmente difendere le giovani generazioni garantendo loro un futuro concreto.

Non ultimo perché non è vero – ha tenuto a sottolineare Emma Amiconi – che i giovani siano tutti – o quasi – superficiali o male informati su quanto avviene. In realtà, essi sono in condizioni di reale debolezza, ed è per questo che rinunciano ad operare e ad entrare in quella che la Arendt ha chiamato vita activa.

Da qui molte altre riflessioni dipartono, e sono state toccate nel corso della tavola rotonda. Per esempio: come accogliere coloro che emigrano in Italia? In realtà il vero problema – ha specificato Mario Morcone – sta nell’amministrare l’integrazione di coloro che giungono presso le nostre rive. Non è questa un’operazione riformista, e nel più alto senso del termine?

E ancora: come garantire coesione e inclusione sociali se alla base viene meno un diritto sancito nel primo dei principi costituzionali: il lavoro? La riflessione su quest’ultimo punto è stata ben svolta da Nino Baseotto della Cgil, dimostrando come col restringimento progressivo dei vari spazi di mediazione, siano venuti meno quei diritti fondamentali che davano al lavoratore la cifra giusta della sua dignità.

In parole povere: le prossime elezioni europee saranno un appuntamento importante per tutte le tematiche cui s’è accennato. L’augurio è che la futura Europa sappia incarnarle nel modo giusto.

È in gioco il destino di noi tutti cittadini comunitari.

pierlu83

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