-di MAGDA LEKIASHVILI-
Le principali critiche di Donald Trump verso la Nato sono rivolte alle spese militari. Gli Stati Uniti versano circa il 4% del PIL per la comune difesa e con questi numeri è il primo nella lista. Infatti il presidente americano vuole alzare la percentuale anche per gli altri paesi, così, finalmente, tutti gli stati membri contribuiranno egualmente. Con l’accordo firmato nel 2014 l’alleanza ha posto come obiettivo di ricevere dai suoi membri un contributo pari al 2% del PIL. Dei 29 paesi alcuni hanno raggiunto la quota, mentre la maggior parte dei membri della Nato stanno ancora sotto questa soglia. Anche perché non tutti i paesi sono economicamente allo stesso livello. Solo 5 di loro hanno raggiunto l’obiettivo del 2%: Estonia, Grecia, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti. L’obiettivo del 2% è descritto come una “linea guida”. Non c’è nessuna penalità per il fatto di non arrivarci. Spetta a ciascun paese decidere quanto spendere e come usare i propri soldi.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dalla Nato nel marzo scorso, nel 2017 la spesa per la difesa degli Stati Uniti è arrivata a 686 miliardi di dollari, pari al 3,6% del PIL. In confronto, la Germania ha speso circa 45 miliardi per le sue forze armate lo scorso anno, l’1.2% del PIL. Nella tabella, creata da Forbes sono elencate i contributi dei membri della Nato.
Ricordiamo che i paesi membri forniscono contributi diretti e indiretti ai costi di gestione della Nato e attuazione delle sue politiche ed attività. I contributi indiretti o nazionali sono i più grandi e arrivano, per esempio, quando un membro offre volontariamente equipaggiamento o truppe a un’operazione militare e sostiene i costi della decisione per farlo. Mentre contributi diretti sono fatti per finanziare i requisiti dell’Alleanza che sono negli interessi di tutti i 29 membri. Perciò non si tratta di necessità o di interessi di un singolo membro, ma di obiettivi condivisi, come i sistemi della difesa aerea o di comando e controllo della Alleanza Transatlantica. I costi sono sostenuti collettivamente, spesso utilizzando il principio del finanziamento comune, principio per il quale tutti i membri contribuiscono secondo una formula di ripartizione dei costi concordata, basata sul reddito nazionale lordo, che rappresenta una piccola percentuale del bilancio della difesa di ciascun membro.