-di PASQUALE LINO SACCÀ-
Il “nostro” CNR assieme ad altri Centri di ricerca (Francia, Germania e Spagna) ha presentato un “Manifesto” che sottolineava un maggior investimento nella ricerca da prevedere nel bilancio UE 2021 – 2027 con dei contenuti che spiegano e sostengono un sistema più strutturato che innova. La proposta di Bilancio della Commissione, presentata il 2 maggio scorso, ha previsto 100 miliardi per FP9 (Horizon Europe), rispondendo “positivamente” alla domanda di ricerca ed innovazione, così come si legge, anche, nella proposta sul futuro programma quadro su ricerca ed innovazione presentato dalla Commissione lo scorso 7 giugno. Certamente sono palesi o in continuità le ripetitive logiche dalle Comunità all’Unione: Pace, Mercato Unico, Euro e ricerca.
L’Euro e le logiche dell’Unione. Nel Comitato per l’Euro a Bruxelles ribadivamo che la nascita della Moneta Unica, conseguenza di un Mercato Unico, non avrebbe più consentito ai singoli Stati membri di svalutare per sostenere le proprie esportazioni, conseguentemente bisognava essere lungimiranti ed investire nella ricerca: migliore prodotto e migliore ciclo produttivo. Con la presentazione dell’Accademia per l’Europa a Milano abbiamo ribadito il ruolo centrale della ricerca non avulsa dalla formazione, ritenendo utile coinvolgere “i nostri” ricercatori del CNR e delle Università, affinché il dialogo e gli approfondimenti su Horizon Europe fossero preminenti e di sostegno a delle proposte che evitassero le proteste per un pilastro sociale più risolutivo dei fatti, pur non tralasciando le opinioni. Il recente seminario o workshop on “European public opinions and migration“, tenuto presso la Fondazione Nenni ha aiutato a distinguere i fatti dalle articolate opinioni; Il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno ha evidenziato la necessità di un rafforzamento dei confini esterni comuni ed il sostegno finanziario all’Africa per uno sviluppo locale; le conclusioni evidenziano che l’Unione dei piccoli passi procede, ma non è sufficiente. C’è una continuità, se vogliamo rafforzare l’Europa di Pace dobbiamo accogliere i “nostri” vicini, non trascurando gli strumenti finanziari di aiuto, così è stato per i successivi allargamenti prima e dopo la caduta del Muro di Berlino (1989). La Pace, già nelle Comunità, significava il rafforzamento della democrazia con l’accoglimento della Grecia, della Spagna e del Portogallo e conseguente prima riforma dei Fondi strutturali con i PIM (Programmi Integrati Mediterranei); Così successivamente nel 1995 con l’ingresso della Svezia, Finlandia ed Austria e l’inserimento dell’ob.6 (zone scarsamente popolate) nei Fondi Strutturali. Le sfide interne ed esterne sono state affrontate e superate aprendo le porte del Castello felice dell’Unione ai nuovi Stati e sostenendo le loro adesioni. “La paura dell’idraulico polacco” è venuta meno con il programma PHARE (Poland and Hungary Assistance for Restructuring of the Economy), che ha permesso ai nuovi Stati membri di utilizzare gli strumenti finanziari dell’Unione per riformare la loro economia e poter far parte del Mercato Unico cogliendone gli aspetti o le sinergie positive. In questo contesto ed in continuità alle logiche del cammino di Pace del processo d’integrazione diventa gestibile il lungo periodo dell‘immigrazione in rapporto ai 500 milioni e più di cittadini Europei ed ai flussi che possono essere assorbiti con un metodo di accoglienza che tenga conto del numero dei Comuni o dei Dipartimenti, il loro PIL e relativo minimo numero di rifugiati da integrare, non tralasciando di escludere dal conteggio del PIL di ogni Stato membro, la quantità di armi vendute che come testimoniano le fughe dalla fame sono la causa di tante sofferenze; E’ evidente che l’umanità non è avulsa dai comportamenti e dalle sfide demografiche che le Organizzazioni Internazionali con deficit democratico non riescono a governare. Così se vogliamo rendere la Pace irreversibile nel nostro Continente parliamo del Remain, viste le bugie del Brexit e la volontà dei giovani del Regno Unito di rimanere nell’Unione; Il cambiamento per un Brexit soft o light continua a non portare alcun vantaggio ai sudditi di Sua maestà, poiché fuori dall’Unione non avranno nessun potere di decidere le politiche dell’Unione non estranee al Commonwealth e con 66 milioni di consumatori poco incideranno nel contesto del commercio mondiale; la Thatcher lo aveva capito e a Milano nel 1985 in minoranza accettò la prima riforma dei Trattati istitutivi, i laburisti, conseguentemente, alle prossime elezioni, se lungimiranti, avranno gli argomenti o fatti a sostegno di politiche di Pace che rispondano alla domanda di Europa o Remain dei giovani. Riprendiamo, quindi, a rileggere l’Unione dalla Sua “nascita” a Maastricht con la più grande cessione di sovranità e la cittadinanza Europea, Nizza invece è l’Europa delle Patrie, che Chirac impose rafforzando il metodo intergovernativo e indebolendo il metodo comunitario; Rileviamo o ricordiamo, sempre nell’era di Chirac, il referendum sul Trattato per una Costituzione Europea che una sparuta minoranza di Francesi aveva bocciato, votando però contro Chirac, costretti alle Presidenziali a votarlo per evitare la vittoria di Le Pen, padre; così pure una minoranza di Olandesi che aveva votato contro, ma per motivi di politica interna; La logica o le buone pratiche consentivano di rivedere qualche norma e rivotare, così è stato in altre simili fattispecie, ma gli Europeisti del dopo Muro sono stati negligenti.
Il 2019 è alle porte, ma per cambiare e dare un volto democratico all’Unione bisogna rafforzare o rendere percorribile un approdo ad una sovranità Europea, proponiamo da tempo collegi che superano i confini tra le ragioni già confinanti (Provenza -Liguria, Malta- Italia insulare, Germania -Polonia etc.etc.), così gli eletti, possibilmente dal 2024, possono rappresentare lo sviluppo locale, che è simile, ed aiutare a superare le frontiere “mentali”. Ma più democrazia va coniugata con un bilancio dell’Unione che abbia risorse proprie almeno del 3%, così da sostenere un investimento del 3% anche in ricerca con l’obiettivo di una crescita anch’essa del 3% per un sviluppo di lungo periodo che rafforzi anche il pilastro sociale: la logica del 3 per una democrazia proporzionalmente a sovranità Europea. In questo contesto, l’Europa dei piccoli passi crea i prerequisiti per una propria sovranità, così da poter parlare con una sola voce nel Mediterraneo, Mare Nostrum, che ha una continuità nel Mar Nero e nel Mar Caspio, dialogare con la Cina, rafforzare il pilastro di un’Europa della difesa complementare alla NATO, e rendere la Russia più simile al Canada; Mentre l’elezioni (Mid Term 2018) negli Stati Uniti di America in novembre faranno capire meglio quale Pace è possibile.