Il creative problem solving che può aiutare l’UE: intervista al prof. Nicola Piepoli

-di GIULIA CLARIZIA-

In occasione del workshop della FEPS “European public opinions and migration: The political backlash” that aims at analysing public opinions’, organizzato in collaborazione con le fondazioni  Pietro Nenni, Friedrich-Ebert-Stiftung, Jean Jaurès e Policy Solutions, il professor Nicola Piepoli è intervenuto offrendo uno spaccato sulla situazione politica italiana ed europea.

Secondo i sondaggi dell’Ipsos-ha spiegato il professore- l’opinione pubblica europea è pessimista: si crede che i nostri figli saranno più poveri di noi. Proprio a partire da questo concetto di pessimismo dilagante, abbiamo avuto l’occasione di rivolgere al professore qualche domanda.

Il pessimismo in Europa sembra essere una sorta di trend

Sì. 24 paesi su 28. Tutti i grandi paesi compresi noi, non diversamente da Francia, Germania o UK, perché UK era dentro l’intervista.

Lei crede che questo pessimismo generale possa influire sul processo di integrazione europea?

Per l’integrazione europea ci vorrebbe qualche cosa che parta dal basso, attraverso gruppi. Cito la tecnica americana del creative problem solving, che è applicata in particolare dalla scuola di Buffalo, e che è una tecnica per cui si lavora solo e soltanto in gruppo. I problemi si risolvono in gruppo. Per cui si può cominciare da un qualsiasi paese o con una rete per vari paesi, che sia per esempio di diretta rispondenza al primo ministro del paese e che lui partecipi in termini di sponsorizzazione e basta. Questo gruppo deve essere composto tra le 10 e le 15 persone, possibilmente metà universitari, e metà di alto borgo (in termini di formazione) e che abbiano dimostrato di essere in precedenza favorevoli a un gioco di squadra. Il gioco di squadra che cos’è? Prendiamo la metafora dell’Europa in questo momento. La Svizzera, che è l’unico al momento che non aderisce all’Unione Europea. Come hanno fatto a diventare gli svizzeri, svizzeri? Esclusivamente in base al principio che la guerra la vince chi non la fa. All’inizio tra cantoni. Quindi è nata un’unità, una confederazione tra cantoni, eguali tra di loro, e questa confederazione che è nata otto secoli fa, mano a mano è diventata la Svizzera di oggi. Cioè come la Svizzera in questo momento è molto più portata dell’Unione Europea verso l’Unione Europea.

Ed è dunque in un modello confederale la possibilità di recuperare…?

In un modello in cui tutte le parti sono eguali e ciascuna parte lavora pensando alle altre.

È evidente la parentela fra l’emergenza migratoria e il populismo. Però una definizione di populismo in realtà ancora non ce l’abbiamo. Né in termini sociologici né in termini politici. Lei può aiutarci con una sua riflessione su questo tema? Che cos’è il populismo?

Il populismo si materializza in un atto emblema. Alcibiade che taglia la coda al cane per essere popolare tra gli ateniesi. E tutta la città che parla del fatto che lui ha tagliato la coda al cane. Era un bellissimo cane, oltretutto. Questo è un gesto populista. Per attirare l’attenzione del popolo che Aristotele e dopo di lui Polibio hanno chiamato oclocrazia. Che è il contrario del popolo, è la folla.

La massa…

Massa e potere. Anche questa fondazione può fare questo. Il suo presidente può chiamare otto- dieci persone che reputa essere di assoluta… chiamiamola mente, metà maschi e metà femmine, intorno a un tavolo a discutere tutti i lunedì di un problema, affrontando singoli sotto-problemi e risolvendoli. In 52 settimane qualche problema viene risolto. Ci vuole tempo. In 104 settimane ne viene risolto molto più di uno. In 108 settimane cominciano ad arrivare altre soluzioni. Si comincia così. Una rete che in qualche modo è confederata. Come la confederazione svizzera. Tra eguali in cui il pensiero è comune. Come risolvere i problemi della comunità europea. L’esatto opposto di quello che fanno gli eurocrati in Europa adesso.

Però come ci si muove dal tavolo alla realtà?

Dunque, prendiamo un caso concreto. L’Alitalia. È un problema o è una soluzione? Vediamolo dal punto di vista soluzione. Ti arriva lì uno che è commissario che si chiama Luigi Gubitosi, e te la mette in attivo.  In questo momento nessuno sa che Alitalia è in attivo. Perché non si pubblica. Da circa sei mesi sta andando bene. A questo punto ha dei debiti. Come pagare questi debiti? Se li paga uno solo persino lo stato non ce la fa. Ma se sono due milioni di volatori, i quali acquistano una tessera da 1000 euro, con cui possono avere 1500 di diritto a volare a partire da due anni, però intanto danno i soldi. Mille euro che valgono 1500 tra due anni. Totale due miliardi, con cui l’Alitalia paga i propri debiti ed è libera. E questa idea dove è nata? In un gruppo di problem solving. Io propongo questo. È una piccola idea per l’Europa, però per l’Alitalia non è piccola.

 

 

giuliaclarizia

Rispondi