-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Anche dopo la fine del blocco sovietico e della Guerra fredda, il sistema geopolitico, dal 1989 sino ad oggi, aveva avuto alcune certezze: il Club dei paesi più industrializzati, il G7, e la Nato, entrambi espressione del sistema di alleanze, politiche ed economiche dell’area del pianeta caratterizzata da sistemi liberaldemocratici e da economia di mercato con, in alcuni casi, correzioni sociali.
Ma l’ingresso sulla scena politica planetaria di Donald Trump sta cambiando velocemente questo scenario che sembrava consolidato e che, anzi, come sostenuto da alcuni politologi, si pensi paradigmaticamente alla “Fine della Storia” di Francis Fukujama, era ritenuto immarcescibile per il futuro.
Siamo, invece, in presenza di una sorta di “scisma in Occidente”, dopo l’abbandono anticipato di Trump del recente G7 in Canada, al Vertice Nato a Bruxelles si è consumato, tra un balletto di miliardi di dollari di (presunti) nuovi finanziamenti dei paesi partners degli Stati Uniti, che compaiono e scompaiono, tra antipatie personali e contrapposizioni geopolitiche, una possibile rottura epocale delle alleanze politiche a livello globale. Una rottura che rappresenta il cuore della “dottrina Trump”, una concezione delle alleanze fluida, a geometria variabile: l”’America first” di The Trump non ammette vincoli permanenti, tanto più se per mantenerli in vita, gli Usa devono garantire finanziamenti anche per la sicurezza dell’Europa, vista non più come un’alleata ma come competitor.
In questo nuovo e inquietante scenario per la pace e la stabilità mondiali, il neonazionalismo o sovranismo come è stato ribattezzato, troverà nuovo alimento a scapito del multilateralismo, l’”America prima di tutto”, la nuova dottrina internazionale degli Stati Uniti ha sdoganato l’attenzione prioritaria all’interesse dei singoli Stati rispetto agli equilibri mondiali.
Ed è in questo nuovo e complesso scenario che Trump privilegia il dialogo (come testimonia il Vertice di Helsinki) con l’antico avversario del mondo bipolare, la Russia di Putin che, a sua volta, è impegnata a ritornare ad essere di nuovo, come ai tempi dell’Unione Sovietica, potenza globale militare ed economica.
L’Europa appare incerta e divisa, testimoniando che non si potevano costruire gli Stati Uniti d’Europa, il sogno dei grandi e veri europeisti come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, partendo dalla moneta unica e da un’austerity economica che rende invisa alla maggioranza degli europei la prospettiva di un’unione politica del Vecchio Continente, stretto tra nuova quanto improbabile grandeur della Francia di Macron e “dittatura” monetarista della ormai “Cancelliera di carta” Angela Merkel, con le forze della sinistra che, paradossalmente, in maggioranza (dal Pd in Italia ai socialisti francesi e alla Spd tedesca) hanno evocato gli animal spirits del capitalismo manchesteriano.
La prospettiva appare quella di un’accentuata instabilità a livello di equilibri internazionali, sia politici che economici e risuonano drammaticamente le parole di Antonio Gramsci: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”