-di ILENIA ABBONDANZA-
È il 1° giugno 2018, il Congresso dei Deputati spagnolo approva la mozione di censura presentata da Pedro Sánchez, leader del PSOE, nei confronti del premier Mariano Rajoy, a seguito della sentenza di condanna del 24 maggio, riguardante una serie di scandali concernenti la corruzione politica associata ad alcuni esponenti di primo piano del Partito Popolare. È la prima volta, dal ritorno della democrazia, che la Spagna ha modo di azionare l’istituto della “sfiducia costruttiva”, che è previsto dall’articolo 113 della Costituzione e che permette la nascita di un governo guidato dal candidato proposto nel testo della mozione stessa, il quale, di conseguenza, è investito della fiducia della Camera.
Così, il 2 giugno, Pedro Sánchez assume le funzioni di Presidente del Governo, giurando (senza crocifisso e Bibbia) sulla Costituzione e innanzi al Re, nel Palazzo della Zarzuela di Madrid. Quattro giorni dopo, il Primo Ministro annuncia la sua compagine ministeriale suscitando notevole stupore. La composizione del governo, infatti, risulta sbilanciata. Il rapporto è 11 a 6 e, per la prima volta, tale evidente sproporzione è a favore delle donne: undici ministre poste nei dicasteri chiave.
Gettando uno sguardo alla storia recente, In Spagna il risultato migliore rispetto alla battaglia per il pari accesso alle cariche governative, si era raggiunto col governo Zapatero del 2008, il quale annoverava ministri per metà di sesso femminile e per metà di sesso maschile. Prima d’ora, però, in nessuna delle democrazie europee si era mai registrato un simile vantaggio del gentil sesso. Per questo, in un “tweet”, un entusiasta Pedro Sánchez afferma che: “Il nuovo Governo della Spagna è il riflesso del meglio della società, alla quale aspira servire. Una società paritaria, aperta, impegnata e intergenerazionale”. Inoltre, ha sottolineato come le sue scelte ricalchino la centralità delle lotte del movimento femminista, che ha avuto un’enorme incidenza in Spagna dall’8 marzo in poi, anche a seguito dell’onda di proteste sollevata dalla sentenza di condanna, ritenuta troppo “leggera”, nei confronti del gruppo di stupratori de “La Manada”, dalla quale è sorto un movimento denominato “Hermana, yo sí te creo!” -appoggiato dallo stesso Sánchez- che ha saputo persino travalicare i confini nazionali.
Ed ecco l’elenco delle ministre del nuovo governo spagnolo: al vertice della Difesa si trova la giudice Margarita Robles Fernández; all’Economia Nadia María Calviño Santamaría, già direttrice generale della Commissione europea per il Bilancio; alle Finanze María Jesús Montero Cuadrado; all’Industria, Commercio e Turismo María Reyes Maroto Illera; alla Giustizia Dolores Delgado García; alla Politica territoriale e Funzione pubblica la Professoressa Meritxell Batet Lamaña; alla Sanità il medico Carmen Montón Giménez; al Lavoro e alla Sicurezza Sociale la giurista Magdalena Valerio Cordero; all’Ecologia la Professoressa Teresa Ribera Rodríguez e, infine, l’Educazione e la Formazione Professionale vanno alla Professoressa María Isabel Celaá Diéguez, che ricopre, inoltre, il ruolo di portavoce. È una donna anche l’unica Vicepresidente del Governo: la costituzionalista María del Carmen Calvo Poyato, che ha delega anche per i Rapporti col Parlamento e per l’Uguaglianza.
Spostandoci in Italia, purtroppo balza agli occhi immediatamente una notevole differenza: nel governo Conte (o, per meglio dire, Di Maio-Salvini), su 20 componenti la squadra governativa- fra Ministri, Premier e Sottosegretario- c’è posto solo per 5 donne. L’unico governo della nostra Repubblica nel quale hanno avuto spazio nella stessa misura entrambi i sessi, è stato il Governo Renzi. Il suo successore Gentiloni, infatti, ha presieduto un Governo a maggioranza maschile nel quale, però, Maria Elena Boschi ha esercitato un ruolo cruciale in quanto Sottosegretaria unica alla Presidenza del Consiglio con, tra l’altro, deleghe per l’Attuazione del Programma di Governo, per le Autorità amministrative indipendenti e per le Pari Opportunità.
C’è da chiedersi come possa autodefinirsi “del cambiamento” un esecutivo che non comprende quanto debbano ritenersi importanti sia la presenza femminile in ruoli ministeriali apicali, sia il contributo femminile nel contesto di un programma governativo, il quale accenna appena alla questione di genere, poiché sembra più improntato al soddisfacimento di promesse demagogiche, le quali poco aiuteranno la società nel suo complesso a progredire come, al contrario, contribuirebbe a fare un radicale miglioramento della qualità di vita delle donne.