L’uomo e il suo mistero nel libro di Graziano Tarantini

-di MAGDA LEKIASHVILI-

La letteratura è il veicolo migliore per accompagnare i giovani nel percorso della  vita. Proprio come lo sono stati alcuni scrittori classici per Graziano Tarantini, che è l’autore di un libro: Di un uomo. Leopardi, Dostoevskij, Pasolini. Sono proprio questi tre autori i veri compagni della sua vita. Il libro, diviso principalmente in tre parti, ciascuno dedicato a ognuno di questi autori, racconta ciò che deve essere il vero senso dell’essere umano. Emerge l’idea dell’uomo che è un desiderio. L’uomo dentro di sé ha una spinta fortissima a cercare di realizzare il proprio desiderio. Grazie alle opere di Leopardi, l’autore mette in evidenza il sentimento di desiderio che si lega profondamente alla ricerca della novità. Se l’uomo nella vita cerca, attraverso la novità, di realizzare il proprio desiderio, respinge ogni tentazione di rassegnazione. La vita è un continuo porsi delle domande, sulla quale le risposte non sono più o meno esatte. Le risposte importanti sono quelle che suscitano la meraviglia, lo stupore. L’esperienza della meraviglia segna lo spessore delle risposte che ciascuno trova durante il suo percorso.

“Io sono convinto che la vita dell’uomo è fatta di una ricerca di felicità. L’uomo vuole essere felice. E alla fine di tutto sappiamo che c’è un dolore, una malattia e la morte. Un autore che non parla della morte, della vita e della felicità, non mi interessa, perché imbroglia.  Se io devo dire oggi ai giovani, concentrate la vostra attenzione sul successo professionale, li renderei infelici. Il successo professionale non può essere ciò che definisce la persona. Una persona è più grande di tutto questo. Te lo dice lo sguardo della mamma all’inizio che ti vuole bene. In quello sguardo c’è tutto di te” – dice Graziano Tarantini.  Perciò il suo libro è dedicato soprattutto ai giovani. Nei giovani c’è questa speranza della felicità, ricerca di una felicità futura. La felicità comporta innanzitutto riappropriarsi del proprio tempo. Del tempo presente in particolare, dopodiché c’è un’attesa di novità. Spesso i giovani non desiderano la ripetizione di ciò che è già stato, ma hanno bisogno di qualcosa sempre nuovo. Perciò, questa ricerca della novità deve essere irrinunciabile. L’attesa paziente del futuro è l’ignoto necessario per ciascun persona.

Tarantini trova gli elementi di questa ricerca nei tre autori protagonisti del suo libro. Cerca anche di spiegare perché si appassionò a questi grandi classici.

La sproporzione di Leopardi è il titolo delle pagine scritte su Leopardi. Tarantini durante l’infanzia, grazie alle opere di Leopardi acquisisce il linguaggio necessario per descrivere la sproporzione che viveva all’epoca. È nato in un piccolo paese, e come dice lui, soffriva in qualche modo dentro questo piccolo posto guardando la prima televisione in bianco e nero. Dostoevskij, invece, gli fece capire che quella sproporzione non la poteva accorciare. Anche se fosse andato in una grande città come Milano, allora da lì New York poteva sembrare un punto irraggiungibile. Conoscendo le opere di Dostoevskij Tarantini ha capito, che il problema era la distanza fra la mente e il cuore dell’essere umano. Che il lavoro più grande che una persona possa compiere è vivere tutta la vita a sondare il grande mistero, cioè l’uomo. Qui emerge la compassione, l’esigenza di condividere la sofferenza dell’uomo. Il percorso che alla fine porterà alla gioia. Insomma, Dostoevskij rappresenta la profondità, la passione per l’uomo e per la sua vocazione misteriosa.

La parola mistero nel libro viene spesso citata. Proprio perché il mistero è l’unica possibilità che ha l’uomo per essere fino in fondo un uomo. Graziano Tarantini pensa che nel momento in cui una persona riesce a vedere l’altro come un mistero, quest’altro diventa un nuovo inizio di approfondimento.

Sull’argomento ritorna anche il presidente della Fondazione Pietro Nenni, Giorgio Benvenuto. Benvenuto dice che nell’essere umano c’è qualcosa di più grande dell’universo, che non può essere ridotto ad alcuna misura. La vita di un uomo deve essere tutta tesa a cercare le risposte alle domande poste dal pastore di Leopardi. La bellezza per Benvenuto del Di un uomo. Leopardi, Dostoevskij, Pasolini sta nel fatto che il libro non ha una conclusione, ma apre una discussione nella fiducia del confronto e nella fiducia della capacità delle persone di ragionare, pensare ed interrogarsi.

Proprio come faceva Pasolini. Con la sua intelligenza aveva immaginato il cambiamento che stava avvenendo in Italia. Aveva capito, che la vecchia società contadina come l’ha conosciuta lui, si era messa in discussione. Si stava preparando un “terremoto sociale” che come fine avrebbe avuto una trasformazione totale.

Per testimoniare ciò che diceva e pensava Pasolini, Benvenuto oggi porta dati e numeri “crudi” che confrontano il ‘68 e gli anni attuali.

“La popolazione italiana nel 1968 ha raggiungo i 53 milioni, adesso siamo 60 milioni. Con meno di 35 anni, allora erano 28 milioni, adesso sono 20 milioni di persone. 944 mila neonati nel 1968, mentre oggi sono 464 mila. Nati di genitori non sposati allora erano solo il 2%. Nel 2018 il 29,9% dei bambini nascono avendo genitori non sposati. Gli stranieri nel ‘68 erano 62 mila, oggi sono 5 milioni e non teniamo conto dei clandestini. I matrimoni erano 374 mila, oggi sono 203 mila. Le autovetture allora erano 8 milioni, oggi sono 36 milioni le autovetture immatricolate. Allora i biglietti venduti per andare al cinema erano 559 miliardi in un anno, quest’anno 113 miliardi”.

Sono dati che fanno capire come in 50 anni la società italiana sia radicalmente cambiata. Pasolini è stato in grado di percepire ciò che stava accadendo ed è in questo la sua grandezza.

magdalekiashvili

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