Quando Brodolini annunciò il “varo” dello Statuto

La storia della Legge 300 del 1970 meglio nota come “Statuto dei lavoratori” comincia undici mesi prima della definitiva approvazione, cioè il 20 giugno 1969 quando il Consiglio dei Ministri, su proposta del titolare del dicastero del lavoro, il socialista Giacomo Brodolini, approva il disegno di legge. Brodolini, come è noto, non riuscirà ad accompagnare il provvedimento all’approvazione perché, vittima di un male incurabile, morirà prima. Il suo testimone verrà raccolto dal democristiano Carlo Donat Cattin, leader della “sinistra sociale” di Forze Nuove. Sono gli anni in cui gli identikit politici dei ministri vengono definiti anche da alcune frasi rimaste storiche e se Brodolini verrà ricordato per quella pronunciata a fine anno in una azienda tipografica romana, occupata dai lavoratori poiché a rischio chiusura, cioè l’Apollon (“da una sola parte, dalla parte dei lavoratori”), Donat Cattin, a sua volta, definirà il suo impegno in maniera altrettanto inequivocabile preferendo al titolo di ministro del lavoro quello di ministro dei lavoratori. Quello che pubblichiamo di seguito è il comunicato originale di quel Consiglio dei Ministri del 20 giugno del 1969 contenuto tra le carte di Gino Giugni, il professore di diritto del lavoro che seguì passo dopo passo la formulazione del provvedimento, prima collaborando con Brodolini e poi con il suo successore.

                                                              COMUNICATO STAMPA*

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, Sen. Brodolini, uno schema di disegno di legge recante norme sulla tutela della libertà, sicurezza e dignità dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Il provvedimento, dal titolo primo, sancisce la piena libertà dei lavoratori di manifestare il proprio pensiero e disciplina talune pratiche aziendali che possono risolversi in una limitazione della libertà e della dignità del lavoratore: le ispezioni personali del lavoratore, l’uso di certi tipi di controllo, quali l’affidamento della vigilanza a guardie giurate e i circuiti televisivi, i controlli medici sulle assenze per malattia e le sanzioni disciplinari.

Nel titolo secondo, riguardante la garanzia delle libertà sindacali, viene sancita la nullità di qualsiasi  atto o patto diretto sia s subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non ad un sindacato, sia a licenziare il lavoratore per motivi sindacali o per aver partecipato a scioperi. Viene vietata la concessione di trattamenti economici di favore aventi carattere discriminatorio.

Il provvedimento colpisce inoltre le discriminazioni per motivi sindacali, politici o religiosi, garantendo, mediante un adeguato sistema sanzionatorio la riassunzione, in caso di licenziamento.

Con il titolo terzo viene promossa l’attività del sindacato nell’impresa, conferendo alle associazioni sindacali aderenti alle Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché alle associazioni sindacali o provinciali di lavoro applicate nell’impresa, la libertà di costituire rappresentanze sindacali aziendali. A tutela dei dirigenti di questa rappresentanza sono riconosciuti garanzie e diritti particolari.

Alle rappresentanze sindacali aziendali sono assicurati il diritto di affissione, il diritto di riscuotere contributi sindacali, la possibilità di usufruire di locali messi a disposizione dal datore di lavoro. Particolare disciplina viene data al diritto di assemblea ed al potere di indire referendum fra i lavoratori.

Nel titolo quarto sono previste procedure per la repressione della condotta antisindacale.

Il titolo quinto, infine, sanziona penalmente l’inosservanza di talune disposizioni poste a garanzia della personalità del lavoratore.

*Fondo Giugni. Archivio della Fondazione Pietro Nenni

 

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