– di FEDERICO MARCANGELI-
Oggi si è svolta alla Fondazione Brodolini un’interessante conferenza incentrata su alcuni aspetti legati al mondo del lavoro, con particolare attenzione rivolta al patto per la fabbrica. Prima di entrare nel vivo del discorso, la Professoressa Anna Simonazzi ha presentato la rivista della Fondazione, “Economia & Lavoro“. Una rivista che in questo numero si è focalizzata sulla competitività e sui risvolti che queste nuove sfide hanno sul mondo del lavoro (sia per le imprese che per i lavoratori).
Il primo ad entrare nel vivo del patto è stato Pierangelo Albini (direttore area Lavoro e Welfare confindustria). Ha sottolineato quanto lo stesso possa essere visto negativamente da qualcuno, perché non rientra negli schemi tradizionali dei passati accordi. In realtà l’accordo serve per mettere in sicurezza il CCNL, al quale la costituzione affida un effetto che dovrebbe essere generalizzato. Già nel 2014 la Confindustria aveva molti dubbi sulla reale efficacia riguardo la forma del Contratto, che aveva delle criticità (come quella della rappresentatività). Attualmente si riscontrato numerosissimi contratti collettivi (oltre 600 censiti dal CNEL), andando di fatto a scardinare lo schema disegnato dalla costituente e sfavorendo i lavoratori che non si vedono riconosciuto un standard minimo simile a tutti i lavoratori di categoria. Confindustria dal canto suo stipula circa 60 contratti collettivi annuali e non può garantire che anche le altre associazioni datoriali rispettino i suoi standard. Secondo Albini si rischia “un intervento del legislatore in tema di salario minimo, visto che attualmente è impossibile (o comunque molto difficile) verificare l’applicazione di un contratto collettivo nazionale”. “Inoltre bisognerebbe uscire dall’ottica del salario minimo” sottolinea di Direttore Lavoro e Wealfare di Confindustria,”ma ci si dovrebbe focalizzare sul trattamento economico complessivo, per utilizzare veramente questo strumento contrattuale come strumento di progresso industriale”. Un ulteriore passo avanti sarebbe quello di attuare un nuova regolamentazione dei contratti collettivi, ripulendo il sistema giuridico da tutti quei micro-accordi che vanno a destabilizzare l’omogeneità del sistema, creando una concorrenza sleale sul costo del lavoro.
La Segretaria Confederale UIL Tiziana Bocchi ha preso la parola in seconda battuta, sottolineando quanto questa proliferazione di contratti collettivi non faccia bene al mondo del lavoro. Questi contratti sono infatti quasi sempre in “dumping” (a ribasso rispetto allo standard fissato da CGIL, CISL E UIL), causando dei danni importanti alla retribuzione dei lavoratori. Il problema chiave, secondo la Segretaria, è stato quello di un sempre minor riconoscimento del sistema del confronto che è andato a sminuire il lavoro delle confederazioni. Confederazioni che, al contrario, hanno cercato di riavvicinarsi sempre di più tra loro e con la controparte di Confindustria. Un lavoro che è andato avanti per mesi e che ha portato ad un confronto serrato, sempre nel totale rispetto della posizione altrui. Infatti “il contratto nazionale deve essere un punto di incontro che tuteli tutti, un luogo in cui tutte le istanze trovino un mediazione venendosi incontro”. Riguardo al “Trattamento economico complessivo”, esso deve essere “uno strumento per adattarsi ai cambiamenti (come l’inflazione)”, ma nell’ottica di un salario minimo legale, non si può prescindere da un trattamento economico di base che funga da garanzia minima per i lavoratori. Sul “Patto per la Fabbrica” ha sottolineato quanto esso sia un punto di partenza per proseguire sulla linea del dialogo già intrapresa in questi mesi.
Rosario Strazzullo è intervenuto per conto dell CGIL, sottolineando ancora una volta il valore della contrattazione, aggiungendo però qualcosa in più. Ha puntato il dito sui tempi di applicazione: “Non abbiamo dei tempi di applicazione illimitati, perché c’è bisogno di risposte certe e relativamente rapide. Capisco che due delle tre confederazioni stiano passando un periodo importante, quello dei congressi, ma è necessario uno sforzo per andare ad applicare l’accordo il primo possibile”. Il termine ultimo, secondo Strazzullo, è Maggio 2019 per permettere anche al legislatore di dare valore ai contratti stipulati dai soggetti maggiormente rappresentativi, senza allungare eccessivamente i tempi. Il sostegno legislativo appare fondamentale per dare maggior peso ai contratti e disincentivare i contratti a ribasso diffusi in questi anni. In questo quadro però non ci si deve dimenticare del mezzogiorno, che necessariamente dovrà essere riportato al centro del discorso, visto che questi accordi programmatici diventeranno decisivi anche per rilanciarlo e migliorare le condizioni di lavoro al sud.
Roberto Benaglia, Coordinatore delle politiche contrattuali CISL, ha aperto il suo intervento con un plauso nei confronti delle Confederazioni, che per la prima volta hanno trovato un accordo in un momento di “non-emergenza”. Negli anni passati tutti gli interventi erano stati emergenziali, cercando di rispondere rapidamente a problemi più o meno inaspettati. Ora si è lavorato per rispondere ad esigenze di cambiamento che vengono da un mercato in continuo divenire. Questa intesa si pone l’obiettivo di riorganizzare le relazioni industriali, stando al passo con i tempi, senza però dimenticarsi dei salari. Crescita degli stipendi reali che è un obiettivo esplicito di Confederazioni e Confindustria, da ottenere su entrambi i livelli di contrattazione. L’aumento dei salari deve basarsi su: obiettivi dell’impresa e sul livello di specializzazione che il lavoro esprime. Quindi si devono tenere conto delle performance, riconoscendo e remunerando però le competenze dei singoli lavoratori, che in molti settori sono sempre più alte. L’aspetto “specializzazione” è certamente una novità in questo campo, ma rappresenta una risposta alle esigenze di cambiamento espresse dal mercato. Benaglia sottolinea anche che i tempi necessari non saranno brevi, ma è necessario iniziare il prima possibile questo percorso di valorizzazione.
La Professoressa Simonazzi ha tracciato infine delle conclusioni sugli interventi, andando fotografare una evidente esigenza di regolamentazione che le parti sociali stanno richiedendo e che dovrà trovare risposta nel prossimo futuro.