Marthin Luther King e il sogno di uguaglianza che resiste a ogni violenza

-di GIULIA CLARIZIA-

“Quando i libri di scuola saranno scritti nel futuro, qualcuno dovrà dire “C’era una razza di persone, di gente nera, di soffici capelli e carnagione scura, gente che aveva il coraggio morale di lottare per i propri diritti. E quindi essi iniettarono un nuovo significato nelle vene della storia e della civiltà”. E noi stiamo per farlo. Dio garantisce che lo faremo prima che sia troppo tardi.

[Marthin Luther King, Montgomery, Alabama, 5 dicembre 1955]

Memphis. 4 aprile 1968. L’attivista per i diritti civili degli afroamericani Marthin Luther King fu ucciso da una pallottola di fucile mentre si trovava sul balcone della camera d’albergo in cui risiedeva, avendo partecipato ad una manifestazione il precedente 28 marzo.

Non era la prima volta che si attentava alla sua vita. Senza contare le molteplici minacce di morte che riceveva insieme ai suoi amici e alla sua famiglia, proprio in occasione di quel viaggio verso Memphis, il suo volo fu ritardato a causa della minaccia di una bomba su di esso.

Nel pieno della battaglia per i diritti civili, e non solo negli Stati Uniti, erano in molti coloro che erano disposti a morire per la causa, e purtroppo, si moriva davvero. In quegli anni gli omicidi politici animavano le cronache. La violenza, anche la più estrema, era uno strumento utilizzato da entrambe le parti: sia chi lottava per un riscatto dopo secoli di privazioni, come gli attivisti del Black Panther Party, sia da parte di chi si faceva conservatore delle idee di predominanza della razza bianca, il cui simbolo sono le tuniche dai cappucci appuntiti del Ku Klux Klan.

Marthin Luther King si fece portavoce di un diverso tipo di lotta. Come Gandhi, egli portava alta la bandiera della resistenza non violenta. Il suo percorso come attivista iniziò nel 1955, quando a Montgomery guidò il sabotaggio dei mezzi pubblici dopo il celebre episodio di Rosa Parks.

Fu più volte arrestato e maltrattato. Era strettamente controllato dall’FBI, che secondo alcuni ritrovamenti d’archivio lo invitò addirittura al suicidio come gesto intimidatorio, oltre al tentativo di mettere in giro voci screditanti sulla sua vita sessuale.

Ma Marthin Luther King non era solo un leader dal grande spessore culturale e retorico, era un uomo che incarnava lo spirito del suo tempo. Era una voce forte, sì, ma solo una delle centinaia di migliaia di voci che stavano gridando negli Stati Uniti e nel mondo. Per questo, nessuna pallottola del mondo avrebbe potuto porre fine al suo sogno.

Infatti, la strategia della non violenza era riuscita ad avere un’ottima risonanza sui media e ad assicurarsi il favore dell’opinione pubblica. Sotto la presidenza di Jhonson, vennero emanati il Civil Rights Act e il Voting Right Act, che abolivano la segregazione razziale nelle scuole e durante i processi elettorali.

Oggi le campane suonano per tutti gli Stati Uniti d’America. Gli stessi dove uomini come Marthin Luther King furono ostacolati non solo da alcuni pazzi estremisti, ma anche da potenti settori dello stato.

 

giuliaclarizia

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