Guglielmo Loy: nuovo Presidente del CIV

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

Alto e slanciato, Guglielmo Loy, Segretario confederale Uil, è stato da poco eletto Presidente del CIV, Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS. Una carica di una certa importanza, sul piano rappresentativo e operativo.

Nel turbinio dei numerosi impegni che affastellano la sua giornate, abbiamo incontrato Loy per parlare, oltre che del suo nuovo incarico, anche della situazione dell’INPS e dei suoi futuri risvolti, partendo da una precisa analisi dello status quo attuale del mondo del lavoro.

Loy, lei è stato eletto Presidente del CIV dell’INPS, mantenendo la sua carica di Segretario Confederale UIL. Dico bene?

Sì, esattamente.

Come armonizza queste due cariche? Sono entrambi ruoli impegnativi…

Indubbiamente. Diciamo che la mia nomina al CIV è stata condivisa dalla UIL anche per sperimentare un’innovazione.

Ovvero?

Il CIV è una specie di piccolo parlamento all’interno dell’INPS. Quindi ha funzioni di indirizzo e di controllo sul suo operato. Ed essendo il CIV composto per metà dai datori di lavoro, e per l’altra metà dalle parti sociali attraverso i sindacati, si è ritenuto collegialmente necessario che il Presidente avesse anche un peso sindacale.

Come definirebbe il suo ruolo da Presidente del CIV?

Lo definirei di equilibrio. Questa, credo, sia la sua caratteristica più importante.

Rispetto al contesto sindacale, cosa cambia dal suo punto di vista?

Il CIV rappresenta un incrocio di elaborazioni utili al sindacato. Sotto il profilo previdenziale, ovviamente. Ma non solo. Perché l’INPS, negli ultimi anni, sta ricoprendo anche altre attività non strettamente connesse con la previdenza.

Per esempio?

Per esempio l’APE social, il bonus bebè e così via. Tutto questo permette di individuare, valutare e considerare nuove categorie sociali che fino a qualche decennio fa non esistevano.

Quindi la sua è una funzione operativa dalla quale è possibile desumere una prospettiva sul mondo attuale?

Sicuramente sì. Per le parti sociali il CIV è un grande luogo di interesse. E lo è anche per il sindacato, perché si ha l’occasione di avere il polso concreto della situazione.

Che impatto emotivo ha avuto nell’apprendere della sua elezione a Presidente del CIV?

Un impatto emotivo significativo, se debbo dirle, c’è stato nel momento in cui ho fatto l’ingresso nell’INPS.

In che senso?

Mi ha molto colpito la sproporzione.

Cioè?

Ci sono grandi stanze, spazi molto ampi. E poi l’aspetto formale è tenuto in grandissima considerazione. Il mio ufficio è accanto a quello del Presidente dell’INPS – il prof. Tito Boeri – e internamente all’Istituto si è molto attenti a far sì che non vi siano sproporzioni fra le due cariche. Personalmente parlando, debbo anche badare a mantenere un profilo di coerenza fra il mio ruolo attuale e la mia storia nel sindacato. L’insieme di tutto questo ha determinato in me, come dicevo, un certo impatto emotivo.

A proposito del prof. Boeri, il Presidente dell’INPS: come sono i rapporti?

Sul piano personale, sono cordiali ed educati.

E sul piano operativo?

Diciamo che è presto per distinguere la forma dalla sostanza.

Si spieghi meglio.

Si viene da una recente ferita che porrà in discussione i rapporti fra CIV ed INPS nelle rispettive cariche di presidenza.

Perché?

Perché l’ultimo Consiglio di Vigilanza ha bocciato il bilancio presentato. E questo è stato un atto eminentemente politico, in quanto per la prima volta un organo dell’INPS ha impugnato al TAR un provvedimento del Presidente Boeri. Naturalmente ci sarà una causa e poi vedremo come evolverà il tutto. Per queste cose i tempi sono lunghi, come è noto.

Quindi i rapporti si sono irrigiditi?

Come dicevo prima, è ancora presto per distinguere la forma dalla sostanza.

E allora?

Bisognerà valutare se proseguire o meno nel ricorso, oppure conciliare e quindi ritirarlo. Vedremo. La situazione attuale che è questa.

Qual è lo scopo di questa azione?

Quella di mantenere un principio di parità fra l’INPS e il CIV e per non rischiare di cadere in un disequilibrio.

A proposito dell’INPS, c’è un argomento che interessa in modo particolare le parti sociali…

Posso immaginare anche quale…

I conti. Com’è la situazione dell’Istituto da questo punto di vista?

Direi che non vi sono elementi di particolare apprensione. Però di preoccupazione, sì: quelli ci sono.

E come mai?

L’INPS opera fondamentalmente su mandato legislativo. Il suo bilancio è indotto, e dipende dalle risorse che lo Stato decide di trasferire all’Istituto per tutta la sua gestione. Poi all’interno di questa vi è una parte variabile, di circa cinque miliardi su quattrocento, che è rappresentata dai costi di gestione. Ma al di là di ogni tecnicismo, ripeto: non vi è apprensione sulla situazione generale dell’Istituto. Le preoccupazioni che sorgono, sono strettamente correlate allo Stato in virtù delle leggi che rendono l’INPS operativa.

E a proposito della legge Fornero…

Diciamo che è un discorso alquanto complesso.

È vero. Però a parte il fatto di aver blindato i bilanci dell’Istituto, sul piano sociale non ha avuto un buon impatto…

Non lo ha avuto affatto. Ma anche questo gran parlare su una sua abolizione o meno, deve poggiare su di una profonda comprensione delle eventuali conseguenze che porterà. Se, cioè, abolendo la legge Fornero si manderà in crisi o il bilancio dell’INPS stessa, oppure quello dello Stato (e qui ci ricolleghiamo a quello che dicevo poc’anzi).

E allora che fare?

Sono convinto che in futuro si renderà necessario operare con interventi al fine di cogliere l’enorme e variegata pluralità del mondo sociale dal punto di vista delle pensioni. In termini più semplici ancora, io sono convinto che il futuro è l’APE social. Non solo, ma oltre a garantire l’accesso alla pensione a chi si inserisce oggi nel mondo del lavoro, si dovranno salvaguardare anche quelle porzioni di società che rischiano di esserne esclusi.

Si può operare una distinzione netta fra previdenza e assistenza?

Certo che sì. Ma è un lavoro complesso. Non ultimo perché in Italia vi sono moltissime professioni che, dal punto di vista dell’assistenza o della previdenza, rischiano di sovrapporsi. Come si dice oggi: sono borderline. Un esempio tipico è quello riguardante coloro che lavorano a contatto con l’amianto.

Per l’INPS, il CIV e lei si prospetta un lavoro faticoso…

Più che faticoso, direi complesso. Stiamo lavorando per raggiungere una maggior nettezza in tal senso. C’è da dire che il sistema contributivo garantirà l’aspetto previdenziale. Poi seguiranno le varie operazioni per garantire anche la sostenibilità dell’intero sistema. A tutto questo dovrà affiancarsi, come è chiaro, una riflessione politica. Specialmente sul tema dell’occupazione.

Un tassello essenziale…

Imprescindibile. Il tasso di occupazione deve salire, altrimenti rischia di saltare in aria tutto sistema. A quello del lavoro – e della qualità con la quale esso viene svolto –, è da ricondurre anche l’aspetto demografico. Tutti questi elementi vanno presi in considerazione. Insieme e distintamente.

Come vede il futuro del sindacato?

Credo che il suo futuro sia strettamente legato alla contrattazione. Deve essere moderna, esigibile ed efficace per regolare un mondo così polimorfo e in costante evoluzione come quello lavorativo. A mio avviso, la contrattazione è il punto di sintesi ideale fra le leggi che regolano l’universo del lavoro e le condizioni pratiche in cui questo si concretizza.

pierlu83

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