-di PIERLUIGI PIETRICOLA-
Queste sospirate elezioni politiche sono alle porte. A giorni gli italiani voteranno per un nuovo Parlamento e, si spera che ci possa essere un Governo per i prossimi cinque anni. Questo se il nostro fosse un paese normale, con una legge elettorale in grado di esprimere chi vince e chi perde. Ma così non sarà. E quindi?
Le soluzione possibile – e ragionevole –, potrebbe essere quella di un governo di scopo che metta mano ad una nuova riforma elettorale per tornare ad elezioni nel giro di un anno e mezzo, massimo due. Questo vorrà dire altri ventiquattro mesi di campagna elettorale. Con segretari di partito ed esponenti vari che verranno ospitati nei salotti televisivi dicendo peste e corna dei loro avversari. È la normale dialettica politica. Non c’è di che meravigliarsi.
Saranno anche altri due anni in cui saremo costretti ad ascoltare discorsi su programmi elettorali più o meno fantascientifici, elaborati col solo scopo di prendere qualche voto in più. Verranno poi attuati? Si vedrà.
Onde evitare di incorrere nelle repliche d’uno spettacolo al quale abbiamo appena assistito, non è proprio inutile spiegare in cosa consista un programma vagamente serio, che sia perlomeno attuabile.
Partiamo da un esempio concreto. In questa campagna elettorale è vero che si è parlato di ciò che i partiti intendono fare. Onore al merito! Soprattutto dopo anni in cui si è discusso del carisma dei vari leaders e segretari di partito – acqua fresca! – parrebbe essere tornati alle cose concrete, quelle che dovrebbero riguardare la vita di tutti i giorni.
Ciascun esponente, ad ogni apparizione, ha lanciato una proposta spot, il più possibile eclatante per far presa sul pubblico (Flat Tax, reddito di cittadinanza, altri 80 Euro nelle tasche degli italiani, e così via). Non c’è nulla di male. Ma dov’è il rovescio della medaglia? Che esaurito l’argomento retorico del capo e della sua attrattiva sulle folle, ci si è concentrati sui bisogni delle persone. Sulle loro esigenze, le loro priorità, le loro necessità. Sicuramente un politico deve provvedere anche a questo. Ma in che modo? La soluzione è una soltanto: amministrando bene.
Amministrare non vuol dire solo far quadrare i conti con una serie di operazioni matematiche più o meno funamboliche. Ma soprattutto creare le condizioni affinché quelle cifre tornino ad entità ragionevoli e siano di nuovo in grado di accontentare la popolazione (e anche l’Europa, così giustamente attenta ed esigente ai bilanci di questa martoriata Italia).
E quindi il costo dei beni di prima necessità è aumentato esponenzialmente. Come farlo tornare a livelli medi più ragionevoli e accessibili? Oppure il lavoro – giovanile e non solo – è ridotto in condizioni pietose. Quali soluzioni, possibili e percorribili, è necessario adottare per cambiare questa situazione? O ancora: la piccola e media impresa – quella che i giornalisti indicano con l’acronimo Pmi –, da sempre il nostro vero volano economico, rischia una recessione peggiore dell’attuale. Come aiutarla? Infine per esempio incrementare le attività di ricerca scientifica e di formazione di nuovi quadri professionali – in ogni settore –, uno dei poli produttivi cardini di qualsiasi paese del mondo (non lo si può fare solo decidendo di abolire ex abrupto le tasse universitarie – il punto spot del programma di Liberi ed Eguali). Perciò: quali altri soluzioni adottare?
Sono solo alcune questioni. Un antipasto per gradire. Ma che, prestando attenzione, sposta il fuoco del problema da ciò che vogliono sentirsi promettere le persone, a ciò che il problema richiede per essere risolto.
Per dirla in maniera più brutale ancora: o i programmi elettorali dei partiti – e quindi le politiche che seguiranno – tornano a individuare fatti concreti e a spiegare come risolverli, oppure sarà difficile sperare in futuri governi seri. E non perché i politici siano buffoni e bugiardi (non tutti almeno). Ma perché è buona educazione promettere qualcosa quando si è sicuri di poterla mantenere.
E come si fa ad essere certi di rispettare un programma presentato al solo scopo di farsi eleggere? Semplicissimo. Basterebbe tornare ad una politica noiosa. Meno roboante e spettacolare. Magari meno televisiva e più da vecchia e narcotica tribuna elettorale, con candidati – al Parlamento o al Senato – che parlino un Italiano chiaro e corretto. A tal proposito un ripasso alla grammatica e alla sintassi è fortemente consigliato. E soprattutto con discorsi precisi e circostanziati.
Questo richiederà la formazione di gruppi di persone, deputate allo studio di urgenti questioni legate ad ogni ambito locale, su su fino a coprire l’intero territorio nazionale. Ciò che ne risulterà – la sintesi – andrà a scrivere, come naturale conseguenza, il programma che quel partito e quegli esponenti presenteranno ai cittadini per farsi eleggere. Senza bisogno di promettere la faccia nascosta della luna a nessuno. Il politico serio non promette vantaggi per qualcuno sì e per qualcuno no, ma problemi e metodi di risoluzione per il benessere di tutti.
Piace l’idea? Originale? Bene. Se tutti ne convengono, allora che la si adotti il prima possibile. Soprattutto per far risparmiare tempo inutile ai nostri politici per cercare nuove idee in vista della futura e imminente campagna elettorale.
Non ultimo perché sarà davvero difficile trovare altri annunci spot a cui la gente creda con facilità. Diffidenza, sospetto e rancore covano nell’animo degli italiani. E non da poco tempo.
Meglio un programma meno spettacolare, magari più noioso, ma frutto di un’analisi seria e posata.
Che non sia questa una via per far tornare l’ormai scomparsa passione per la politica?