-di POLITICO-
Ore 10,15, Roma grigia in cielo e bianca sporco in terra, con pallidissima luce che promette di spaccare le nuvole fra qualche ora. Non circola un bus o un taxi che sia uno, in questa città che dal sindaco picchiatore Alemanno in poi si è allungata il nome e non si chiama più Roma (ROMA non bastava, pensa te!) ma Romacapitale, benché capitale lo sia esattamente da 147 anni, cosa che festeggeremo degnamente fra tre anni noi romani autentici o acquisiti.
Un tempo in un paese che dava tutte le colpe ai governi si diceva: “Piove, governo ladro!” ed era eccessivo, va ammesso. Giustamente oggi si potrebbe però dire: Nevica, sindaca ladra!, perché dopo aver promesso alla popolazione spalaneve, spargisale, vigili, autobus, taxi (mancavano solo renne e slitte), ha lasciato tutti i romani che dovevano lavorare (io tra quelli, confesso) a piedi bagnati a macinare chilometri, intenti a salvare tibie e ginocchia da scivoloni, e il vestito d’ordinanza dagli schizzoni delle pochissime auto private circolanti. Già, auto private: in 55’ di strada non ho visto un bus che fosse uno e un taxi che fosse uno. Penso a stasera, quando con il sottozero previsto, la neve sarà lastrone di ghiaccio: ho dimenticato i pattini dei pargoli a casa, ahimè!
Proverò ad accodarmi all’ultima tendenza dei politici (?) antisistema, che promettono redenzione alla repubblica. Sembra che, non disponendo né di argomenti né di capacità, si stiano riducendo a fare affidamento sul padreterno per catturare la fiducia degli elettori. Ha cominciato Salvini mischiando costituzione a vangelo, apostoli a rosario. Ha fatto infuriare i cattolici credenti e i cittadini che inorridiscono nel veder confuso Cesare a Dio. Probabilmente, stanotte, la sindaca si sarà raccomandata anche lei a qualche divinità per allontanare la neve, magari al Giove Pluvio che sta sotto il suo ufficio in Campidoglio.
Me laico tapino, mi appello alla sapienza popolare con un “Che Dio mi protegga”, o che è lo stesso “Che il Cielo m’aiuti”. Vorrei riportare a casa tibie e ginocchia integre, dopo altri 55’ di marcia nel buio di meno chissà quanto.
Mettiamola così. Il nome Salvini è un marchio di garanzia: sta per Sal Vini (beh? a me i vini piacciono e Sal poi sta per salvatore), e anche salvini (torna il concetto di salvatore, in minimis lo ammetto). Il nome Raggi è anche più promettente, specie in una giornata di neve: peccato che non irraggi se non arrabbiature dei cittadini per la sua insipienza.
Ambedue sembra immaginino di essere unti del Signore, che non hanno bisogno di capacità e di competenze per prendersi l’Italia, e magari che il loro nome sia sufficiente usbergo l’uno per la nazione, l’altra per la città.
Mi affaccio dalla finestra: a Roma di movimento niente, a parte il nome del partito della sindaca. Tutto bloccato, e siamo pure a sei giorni dal voto! Ci eravamo illusi che almeno il calcolo di convenienza aiutasse questa povera nostra città, macché.
Studio Casaleggio permettendo chiamiamoli Cinquestallo. E speriamo che, come capita agli aerei in volo, dopo lo stallo, la situazione non precipiti.
P.S. Circolano le foto della signora Raggi in bici e t-shirt a Città del Messico. La signora sapeva da giorni, come tutti i romani, della perturbazione siberiana in arrivo, ma ha ritenuto prioritario assentarsi, per le ragioni che spiega dal suo Fb. “Sono a Città del Messico per la conferenza C40#Women4Climate. L’Italia torna protagonista nel dibattito sui cambiamenti climatici. Le grandi capitali sono in prima linea per vincere le sfide di domani. Nessuno deve rimanere indietro. Lo sviluppo sostenibile e inclusivo è il nostro obiettivo comune. Il futuro è nelle nostre mani“. Nelle nostre mani abbiamo per ora il presente, fatto di gelo e neve nelle strade, senza bus e taxi: piuttosto, vorremmo avere la sindaca nelle nostre mani… Fa bene a stare alla larga…