-di STEFANIA CONTI-
Quindici anni fa Albertone se ne andava. E con lui usciva di scena per sempre un simbolo, la leggenda dell’italiano medio. Alberto Sordi , romano “de Roma” era nato proprio nel cuore della città – Trastevere – nel 1920.E fin da bambino aveva cominciato a recitare. Ma non è esaustivo fermarsi all’attore. Sordi è stato attore, regista, comico, sceneggiatore, compositore, cantante e doppiatore .
Con il suo sorriso sornione e lo sguardo ironico ha attraversato la storia del nostro paese. Dalla fine degli anni 30 ha raccontato l’Italia. Il boom economico e gli anni di piombo, il rampantismo e Tangentopoli, cogliendo sempre con grande lucidità i cambiamenti sociali. A volte con estrema puntualità, altre volte meno. A volte sardonico, altre volte amaro. Lui è stato fondamentalmente l’interprete con la I maiuscola della commedia all’italiana.
I personaggi dei film di maggior successo sono arrivisti, maneggioni, magliari, mammoni, vigliacchetti e un po’ cinici. Per questi la critica ha parlato di “italiano medio” e con questi spesso Alberto Sordi è stato identificato.
Ma c’è un altro Sordi, quello di La grande guerra di Monicelli, del 1959, un soldato imboscato e indolente, che però muore da eroe. C’è “Una vita difficile”, di Dino Risi (1961), inserito tra i 100 film da salvare: un ex partigiano di sinistra, dopo la liberazione, costretto dalla povertà, si riduce a fare il galoppino ad un affarista che non perde occasione di umiliarlo. Il film si conclude con un liberatorio sganassone che Sordi dà al riccone, così sonoro da farlo cadere in piscina. E di solito dal pubblico scattava un applauso entusiasta. Sembra che anche Togliatti amasse molto quel film.
C’è Tutti a casa , considerato tra i capolavori di Comencini (1960) e anche questo tra i 100 film da salvare. Una storia di resistenza dove piano piano, il sottotenente del regio esercito Alberto Innocenzi (Sordi) , ligio al dovere, prende coscienza e si unisce ai partigiani . Memorabile la battuta in cui Innocenzi , non avvertito dell’armistizio dell’8 settembre, finisce sotto il fuoco dei tedeschi: “ahò, i tedeschi se so alleati con l’americani”. Nessuno meglio di Albertone avrebbe potuto dirla.
Una delle migliori interpretazioni drammatiche viene con “Il borghese piccolo piccolo”, ancora di Monicelli – del 1977. Sordi diventa magistralmente il personaggio del libro di Vincenzo Cerami: un modesto impiegato alle soglie della pensione si adatta a tutti i compromessi pur di far avere al figlio Mario l’agognato “posto fisso”. Ma Mario rimane ucciso da una pallottola vagante durante una rapina nella quale si trova accidentalmente coinvolto. Per il padre è la fine del suo mondo. Farà di tutto per rintracciare il colpevole e farsi giustizia da solo. Ancorato alla sua morale di borghese, appunto, piccolo piccolo (“pensa a te figlio, pensa solo a te”). Con questo film si ribalta il personaggio tipicamente sordiano. I vizi nostrani finora raccontati con una certa bonomia, non hanno alibi. Non si ride e non si giustifica. Qui c’è l’«irrappresentabilità degli italiani, per perdita irreversibile di tutti i caratteri positivi». In sostanza, non c’è più nulla da sperare, da credere, da ridere. E’ Monicelli ad affermarlo, ma è Sordi a farcelo vedere.
E come dimenticare “Un americano a Roma “ una strepitosa satira di costume girata con Steno nel 1954. Un successo di botteghino come non si era mai visto: 400 milioni di allora. E che vive, in qualche modo, ancora oggi. Chi non ha mai detto davanti un piatto di pastasciutta: “Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno”.
Impossibile parlare di tutti i suoi film. Sono intorno ai 150 come attore e una ventina come regista. Per la critica più raffinata, sono stati spesso da dimenticare. Ma il pubblico lo ha adorato e celebrato. Nel giorno del suo ottantesimo compleanno , l’allora sindaco di Roma Rutelli gli fece indossare la fascia tricolore, nominandolo sindaco onorario per un giorno, come tributo ad uno dei cittadini più illustri. A rendergli l’ultimo saluto nella camera ardente , il 25 febbraio 2003, c’erano 250 mila persone. Ai suoi funerali quasi il doppio.
Sulla sua lapide, un epitaffio che di lui ci dice molto : “sor marchese, è l’ora”, da uno dei suoi film più celebri (“Il marchese del grillo”). Ancora un sorriso, nonostante tutto.