-di FRANCO CAVALLARI-
In più di un’occasione il Ministro dell’Economia, Prof. P.C. Padoan, ha dichiarato che il nostro debito pubblico ha imboccato nel 2017 la via del graduale riassorbimento. Se si tene conto esigenze connesse alle aste per il rinnovo del debito italiano, è del tutto comprensibile che il Ministro dell’economia produca dichiarazioni tendenti a rassicurare i mercati. Del resto, le sue argomentazioni non appaiono del tutto peregrine, dal momento che, se è vero che il debito in valore assoluto è aumentato in un anno di circa 39 Mld, è pur vero che il rapporto debito/PIL risulta in discesa, sia pure molto modesta (dal 132% nel 2016 al 131.5% nel 2017)
Ma la realtà di fondo del nostro debito pubblico è un’altra e si riferisce agli impegni assunti con l’UE, la cui cogente durezza in termini di riassorbimento nel tempo non può che suscitare preoccupazione. Il superamento delle regole sottoscritte con l’Unione nel 2012 costituirà la questione cruciale della nostra posizione politica nell’ambito del negoziato sull’adeguamento dei Trattati europei che inizierà nel corso del 2018. L’accordo finanziario rappresenta, in realtà, il tema sul quale sarà messa alla prova la disponibilità dell’Unione (e del Paese egemone in particolare) a risolvere, in termini possibilisti e sulla scorta di un rinnovato spirito di solidarietà comunitaria, il nodo cruciale tra quelli che ostacolano attualmente la coesione attiva tra gli Stati membri.
Il “Patto di bilancio”, comunemente definito “Fiscal compact”, che ha posto non poche limitazioni alla politica economica del nostro Paese, benché ratificato da 25 Stati su 27 (in Italia il relativo decreto è stato promulgato il 23/07/2012), non fa ancora parte integrante della legislazione europea. Il “Patto” in vigore nel periodo sperimentale, oltre al pareggio di bilancio, contemplava anche il riassorbimento in 20 anni dell’eccedenza del debito pubblico rispetto al limite stabilito nel 60% del PIL. L’attuazione di questa regola, comporterebbe nei prossimi 20 anni il riassorbimento del 71,5% (131,5% meno 60%) del debito totale attuale (2280 Mld), vale a dire circa 1600 Mld, equivalenti ad un avanzo medio per i primi 10 anni intorno a 60-70 Mld l’anno; nel secondo decennio l’avanzo medio necessario diminuirebbe a circa 30-35 Mld, in quanto una parte dell’avanzo di bilancio necessario sarebbe compensata dai minori interessi su un debito residuo in calo. In ogni modo, anche il solo inizio di attuazione di una manovra di questa dimensione per così lungo tempo creerebbe l’aspettativa di un sicuro “default”.
Da queste considerazioni si deduce quanto sia auspicabile per il nostro Paese (ed anche per l’Unione nel suo insieme) che il nuovo patto da rinegoziare, modificato dagli aggiustamenti suggeriti dal periodo di sperimentazione 2012-2018, introduca nel tessuto giuridico europeo regole meno rigide. Tra i punti cruciali del negoziato costitutivo del nuovo assetto finanziario europeo (quali il rilancio massiccio degli investimenti dell’Unione, la revisione, dell’obbligo di riciclo delle eccedenze attive della bilancia dei pagamenti e la flessibilità del bilancio), importanza determinante assumerà una sostanziale modifica del ritmo di rientro della quota del debito pregresso eccedente rispetto ad una rinegoziata soglia del rapporto Debito/PIL, diversa dal 60%. In questo ambito, particolare attenzione richiederà anche l’istituzione di strumenti di solidarietà fiscale, quali ad es. gli eurobonds che, pur non gravando direttamente sulle finanze pubbliche degli altri Stati membri, rendano meno gravoso l’impegno del nostro Paese a riassorbire gradualmente gli eccessi di debito.
Un nuovo vento europeista sembra spirare attualmente nei principali Paesi dell’Unione, che lascia trasparire una maggiore consapevolezza da parte dei Governi dell’interesse dell’Unione nel suo insieme ad affrontare costruttivamente il negoziato sul riassetto del “Patto di bilancio” basato su regole coerenti, ma applicabili senza traumi irreparabili.
Per quanto si riferisce al nostro Paese, è bene sottolineare l’importanza che riveste ai fini della trattativa in questione un ampio e sereno dibattito tra le forze politiche che dimostri ai negoziatori europei la nostra consapevolezza delle reali difficoltà che comporta un accordo di compromesso accettabile. Il comprensibile smarrimento degli italiani dinanzi ad una questione così grave va superato rendendo edotta l’opinione pubblica delle questioni in gioco e della necessità di evitare inutili allarmismi demagogici e minacce di referendum “estrema ratio”, che risulterebbero del tutto controproducenti. Con l’ausilio delle giuste alleanze e facendo leva sul rinnovato spirito di solidarietà che sembra far breccia nei maggiori Paesi europei, l’Italia potrà concludere un accordo finanziario contenente termini di compromesso seri, ma sostenibili.