In memoria di Bettino Craxi

-di FRANCO LOTITO-

Era il 20 gennaio di 18 anni fa. A Montecitorio si respirava il clima dei momenti densi di dramma politico e di umana emozione. Il giorno prima era morto Bettino Craxi. Ad Hammamet dove aveva trascorso da esiliato gli ultimi anni della sua vita. Davanti all’aula piena Massimo D’Alema Presidente del Consiglio prende la parola per commemorarne la figura: ne parla con grande rispetto umano e politico proponendo alla famiglia di celebrare in onore dell’uomo politico scomparso i funerali di Stato. La famiglia non acconsentì ma Carlo Azeglio Ciampi inviò loro un bellissimo messaggio di cordoglio nel quale il Capo dello Stato riconosceva a Bettino Craxi il merito di “aver contribuito in modo significativo alla difesa dell’Occidente ed al consolidamento della pace”
Bettino Craxi ha attraversato la vicenda politica del Paese con l’imperiosità di un leader indubbiamente carismatico. Socialista, autonomista, riformista, tenace assertore del primato politico e morale dell’Occidente democratico nell’epoca in cui il modello sovietico ancora si auto-promuoveva come la speranza per le classi sfruttate e per i popoli del mondo oppresso dal neo-colonialismo capitalista: questa fu la chiave costante del suo agire politico come leader del suo Partito, come capo del Governo e come protagonista della politica internazionale. Era il 1976 ed alle sue cure viene affidato un Partito profondamente prostrato dalla sconfitta elettorale. Il PSI di quegli anni spende tutte le sue energie per tenere in piedi un’alleanza di centro-sinistra sempre più traballante e sembra non cogliere la sostanza profonda della domanda che in quegli anni perveniva – potente – dalla società e dal mondo del lavoro, anzi commette un grave errore di analisi politica affermando la necessità di costruire “equilibri politici più avanzati” cioè l’ingresso formale del PCI nell’area di governo. Così il PSI non fa altro che dare eco al disegno del Compromesso Storico al quale in quegli anni stanno alacremente lavorando Enrico Berlinguer da una parte e la sinistra democristiana dall’altra; un disegno che da per scontata la marginalità politica delle forze socialiste. Il prezzo di questo errore sarà appunto la sconfitta elettorale.
“Primum vivere”. Bettino Craxi deve lottare innanzitutto contro questo disegno che vuole i socialisti come mera forza caudataria, ma lo fa rovesciando il piano del confronto. Il suo PSI non alza i ponti levatoi a tutela conservativa di quel che ancora gli rimane, anzi avvia una stagione di dura competizione con la DC nel governo e con il PCI, che un piede nell’area di governo finalmente l’ha messo con la “Solidarietà nazionale”. Gli obiettivi che Craxi assegna ai socialisti sfiorano la spregiudicatezza. Gli effetti ci sono e sono indubbiamente vistosi. Il consenso elettorale torna a crescere. Nel 1978 un socialista prende posto al Quirinale. Sandro Pertini sarà ricordato come il più grande ed amato Presidente della Repubblica e sarà Lui, 5 anni dopo a conferire a Bettino Craxi il mandato per la guida del governo. Gli anni del governo socialista segnarono la vera rottura del monopolio democristiano ed annunciava l’ambizione di una nuova prospettiva politica in cui sarebbero state le forze socialiste e riformiste a guidare quel processo di grande modernizzazione che il paese attendeva da tempo e che lo avrebbe reso protagonista del processo di costruzione dell’Europa unita. Una nuova dimensione politica, un nuovo spazio culturale che finalmente regolava i conti della storia con le vecchie egemonie della tradizione e del pensiero comunista.
Le strutture economiche vanno cambiate a fondo ma occorre farlo dando spazio alla partecipazione sociale ed alla concertazione. Nasce da questi precetti riformisti la decisione di accettare la sfida del PCI quando il Governo decide di procedere per decreto al taglio dei 4 punti di scala mobile stabilito con il famoso accordo di San Valentino. E’ il 1984. Contro quel decreto il PCI promuoverà un referendum abrogativo che avrà luogo l’anno successivo e che perderà.
Nell’azine politica di Bettino Craxi è sempre stato nettamente distinguibile il tratto di un coraggio politico spinto fino alla temerarietà. Era il suo carattere, il suo modo di concepire il precetto autonomista che lo portava ad assumere sempre in prima persona le sfide che aveva di fronte. Ne diede ulteriore prova appena pochi mesi dopo la vittoriosa battaglia del referendum quando a Sigonella non esitò a schierare la Vigilanza Aeronauta Militare ed i Carabinieri contro gli uomini della “Delta Force” che – armi in pugno – volevano prendere in consegna Abu Abbas, il terrorista della “Achille Lauro” che il governo italiano aveva deciso di consegnare nelle mani dei palestinesi. Ronald Reagan digrignò i denti, ma dovette ordinare ai suoi militari il dietrofront. Naturalmente non si trattò di un gesto smargiasso ma di una precisa scelta politica che mirava a fare dell’Italia un interlocutore autorevole ed attendibile del mondo arabo e del popolo palestinese nel complicatissimo processo di pace in Medio Oriente. Così, anche per questa via Bettino Craxi acquista le credenziali del politico di statura internazionale. E’ leader ascoltatissimo dell’Internazionale socialista insieme a F.Mitterand, F.Gonzales, W. Brandt e M. Soares; guida il Consiglio dell’Unione europea ed in questa veste agisce con grande determinazione per realizzare l’ingresso nell’Unione, di Spagna, Grecia e Portogallo. Così l’Europa carolingia cambia fisionomia geo-politica assumendo una nuova dimensione mediterranea. Forse è per questo che Margareth Tatcher vi si oppone, ma Craxi la mette in minoranza, senza tanti complimenti. Si muove con grande autorevolezza sul terreno delle controversie che agitano i partiti socialisti dell’America Latina; i paesi rivieraschi dell’Africa non fanno mistero del sentimento di gratitudine che nutrono nei suoi confronti. Sotto la sua guida il governo italiano avvia un dialogo intenso con le autorità vaticane che condurrà al rinnovo del Concordato fra lo Stato italiano e la Chiesa
Mentre Bettino Craxi guida il Paese il suo Partito mostra una forza attrattiva senza precedenti. I suoi iscritti crescono enormemente, ma nessuno è in grado di constatarne il grado di idealità. Le sue riviste sono frequentate dalle migliori energie intellettuali impegnate a definire i nuovi orizzonti di un socialismo riformista coniugato con la democrazia liberale. Ma si ingrossa anche il plotone dei questuanti che dell’impegno intellettuale ed artistico vogliono fare una sinecura. Le forze del mondo economico e finanziario fanno anticamera per chiedere sostegno e condizione privilegiata. Insomma il successo politico è grande e questo forse favorisce una visione disinibita del potere che a sua volta intacca le difese morali che dovrebbero tenere al riparo l’onore del Partito.
L’esperienza di governo ha termine e Bettino Craxi torna alla guida del suo Partito, ma lo trova sfibrato ed indebolito anche se il suo prestigio formale è ancora intatto. Il progetto dell’”Unità Socialista” è l’ultimo tentativo che egli compie prima che sul sistema politico e sul PSI che lo ha dominato così a lungo si abbatta la tempesta di Tangentopoli. Il Partito si trova senza alleati senza forza politica, ma quel che è peggio, senza anticorpi morali contro le accuse di corruzione, per questo soccombe.
A saltare per aria è l’intero sistema politico con i suoi partiti e con le sue logiche, ma a farne le spese maggiori è Bettino Craxi che subisce l’onta di due condanne e che si vede costretto a prendere un biglietto senza ritorno per Hammamet.
Bettino Craxi è stato uomo di grande passione politica di cui forse non ha saputo egli stesso dominare gli effetti, che ha suscitato intorno a se grande attaccamento di chi lo ha amato e sostenuto nella sua vicenda politica e di chi, con altrettanto vigore lo ha odiato ed attaccato. Sono trascorsi 18 anni dalla sua scomparsa e c’è da chiedersi se finalmente non sia giunto il tempo di dichiarare che non è con questi sentimenti che potrà essere scritta la Sua storia, quella delle Sue idee e quella del socialismo italiano.
La sua tomba è nel minuscolo cimitero cristiano di Hammamet. E’ piccola e bianca; forse troppo piccola per contenere la portata di una memoria così imponente.
Franco Lotito

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