-di MAGDA LEKIASHVILI-
Dimostrazioni di protesta sono scoppiate in tutto l’Iran. Manifestazioni scatenate dal malcontento per l’aumento dei costi della vita e per l’economia stagnante del paese, nel frattempo, si sono sviluppati in un’ampia protesta contro il governo e si sono intensificate durante il fine settimana. Si tratta della sfida più grande per le autorità iraniane dopo le manifestazioni di massa del 2009. Circa 450 persone sono state arrestate negli ultimi tre giorni. Secondo le informazioni diffuse da parte dei media locali sono 21 le vittime che hanno perso la vita.
La reazione del popolo iraniano arriva meno di un anno dopo che i cittadini hanno rieletto il presidente Hassan Rouhani, un religioso che favorisce legami più stretti con il resto del mondo. I suoi sforzi per porre fine all’isolamento economico del suo paese sono stati sostenuti da un accordo del 2015 per limitare il programma nucleare iraniano. Tra l’altro, Rouhan poneva come obbiettivo dell’accordo di portare la prosperità della nazione.
La realtà nelle piazze iraniane è un’altra. La maggior parte dei giovani alzano la voce contro il governo e protestano per la mancanza di opportunità economiche. Il tasso di disoccupazione dell’Iran tra i 15 e i 29 anni è ben oltre il 24%. Ma è ancora più alto tra i giovani e le donne urbane. Il Fondo Monetario Internazionale ha definito le donne iraniane “una fonte inutilizzata di crescita e produttività”.
Tra i manifestanti probabilmente esistono alcuni sostenitori disillusi di Rouhani, ma non rappresentano la maggioranza. Sette mesi fa Rouhani ha riavuto la poltrona di presidente con il 57% dei voti a favore (in totale circa il 70% degli elettori hanno partecipato alla votazione). È possibile che molti di questi attivisti siano quelle persone che di solito si allontanano dalla politica. Gli slogan anti–regime suggeriscono che questi dimostranti possano appartenere a gente poco fiduciosa nei confronti del governo, a coloro che non votano perché non credono che il sistema politico possa essere riformato.
Come risultato, le proteste potrebbero ulteriormente polarizzare la politica iraniana. I sostenitori del presidente hanno incolpato gli oppositori nel favoreggiamento dei manifestanti. Ma non mancano neanche le accuse contro il governo iraniano. Il presidente americano Donald Trump difende il popolo dell’Iran che “sta finalmente agendo contro il regime iraniano brutale e corrotto”. Trump sembra convinto che il denaro versato dal suo predecessore Obama per l’Iran sia finito a finanziare il terrorismo e nelle tasche dei governatori. La Casa Bianca vorrebbe vedere l’Iran rispettare i diritti umani e non sponsorizzare più il terrorismo. Il governo Iraniano non accetta le insinuazioni di Trump e consiglia al presidente degli Stati Uniti di occuparsi delle questioni interne del suo paese.
La guida suprema della Repubblica Islamica, l’Ayatollah Khomeini, pensa che siano i “nemici” dell’Iran ad aver rafforzato l’alleanza e fomentato le proteste usando soldi, uomini e agenti dell’intelligence per colpire le istituzioni islamiche. Senza precisare, però, alcun paese straniero in particolare. “Il nemico è sempre alla ricerca di un’opportunità e di qualsiasi spaccatura per infiltrarsi e colpire la nazione iraniana” – dice Khomeini.