12 dicembre 1969: parte da Milano una lunga scia di sangue

-di FEDERICO MARCANGELI-

Alle 16 e 37 un ordigno con 7 Kg di tritolo esplode nella sede della Banca Nazionale dell’agricoltura a Milano. Il grande salone dal tetto a cupola trema e un cratere si apre nella sala ancora gremita. Ottantasette feriti, diciassette morti e una ferita che ancora oggi non si è rimarginata.

È il 12 Dicembre 1969 e da quel giorno lo stragismo fa irruzione sulla scena italiana.

Durante quel Venerdì nero altri 3 ordigni furono fatti esplodere a Roma (un totale di 17 feriti) ed uno fu rinvenuto a piazza della Scala a Milano.
Quel terribile giorno aggiunge ulteriore benzina ad un periodo già teso da un punto di vista sociale: l’Autunno Caldo era cominciato solo pochi mesi prima.
Scaduti i contratti collettivi di lavoro, gli operai erano scesi in piazza dal settembre di quell’anno, chiedendo rinnovi e miglioramenti delle condizioni di lavoro. I metalmeccanici furono la categorie più attiva, anche a causa di una situazione salariale drammatica. L’Italia era infatti tra i paesi con gli stipendi più bassi tra quelli dell’Europa Occidentale.
Poco dopo la strage il rinnovo arrivò, rasserenando il clima.

Le prime piste relative alla serie di attentati si concentrano su quella anarchica, portando al fermo di Giuseppe Pinelli.
L’anarchico fu subito sospettato di conoscere alcuni dettagli relativi all’attentato e quindi sottoposto a fermo presso la prefettura di Milano (con altri 84 sospetti). L’interrogatorio successivo finì però male, con la caduta dell’anarchico dal quarto piano dell’edificio e la sua morte durante la corsa in ospedale. Tra accuse, autopsie ed inchieste, la versione ufficiale attribuisce quel decesso ad un malore. Precisamente ad una alterazione del centro di equilibrio che, a causa di numerosi fattori (stress, freddo e sigarette), avrebbe fatto barcollare l’imputato in prossimità della finestra. Nessun responsabile quindi: una versione ancora oggi contestata da più parti.
Le indagini che si susseguirono nel corso degli anni scagionarono totalmente l’uomo.
I processi che si conclusero nel 2005 non accertarono mai le responsabilità materiali. L’unico reo confesso fu Carlo Digilio, che però vide prescritta la sua pena, anche grazie alle numerose attenuanti derivanti dal suo contributo alle indagini.
Nonostante questa totale assenza di colpevoli “ufficiali”, la cassazione confermò che la strage fu compiuta da una cellula eversiva di Ordine Nuovo, in un chiaro piano di diffusione del terrore:
“i tragici fatti del 12 dicembre 1969 non rappresentano una ‘scheggia impazzita’ ma il frutto di una coordinata ‘acme’ operativa iscritta in un programma eversivo ben sedimentato, ancorché di oscura genesi, contorni e dimensioni”.

La tragicomicità di questa vicenda si conclude quindi senza alcun colpevole e con le famiglie delle vittime costrette a pagare le spese processuali.

Negli anni successivi lo stragismo continuò il suo percorso, raggiungendo l’apice con la Strage di Bologna.
Il 28 Maggio 1974 fu colpita Brescia, nella sua centralissima Piazza della Loggia. I morti furono otto, tutti esponenti di sindacati e comitati antifascisti, in marcia contro il terrorismo di estrema destra.
Nella notte tra il 3 ed il 4 agosto dello stesso anno una bomba deflagrò sul treno Italicus (in transito in provincia di Bologna) e anche in questo caso alcuni innocenti morirono (12).

Il crescendo di violenze trova però il suo apice con la Strage di Bologna.

In quel 2 agosto del 1980 ottatacinque persone persero la vita e 200 rimasero ferite.
In piazza delle Medaglie d’oro ancora oggi l’orologio commemorativo ricorda le 10:25 di quel giorno.

Il filo conduttore di questi atti è quello dello neofascismo militante.
Una strategia del terrore a cui molti hanno cercato di dare risposta ed il cui intento principale era quello di intimidire. Una strategia sistematica e portata avanti con incredibile cinismo nel corso degli anni.
Quello che è emerso non è però esente da interrogativi.
Fin dagli anni 80 sono emersi alcuni elementi relativi a depistaggi e disinformazione. Il tentativo è stato quello di slegare le stragi da una strategia del terrore, facendole passare come “spontaneismo armato” (cioè iniziative di cani sciolti).
In alcune di esse (Loggia, Fontana e Bologna) si rilevano anche delle inquietanti coincidenze che coinvolgerebbero i servizi segreti italiani. Non sono stati riscontrati al momento dei legami ufficiali, ma molti dubbi sono stati sollevati da più parti.
I servizi tirati in ballo non sono solo quelli nostrani.
Alcune teorie gettano ombra anche sul ruolo di quelli USA e Israeliani, stizziti da una politica italiana non allineata su alcuni temi scottanti (Gheddafi e Palestinesi).

La nebbia che tuttora avvolge questi episodi non può che alimentare sempre più domande e ipotesi. E’ probabile però che non sarà mai fatta chiarezza e che questi anni di terrore rimarranno sempre più un mistero.

federicomarcangeli

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