L’ultima “trovata” di Berlusconi: il ministero per la terza età

-di VALENTINA BOMBARDIERI-

«Se vinceremo le elezioni nel nostro prossimo governo ci sarà una novità importante, quella di un ministero della terza età». Lo ha annunciato Silvio Berlusconi in un videomessaggio inviato al Congresso Nazionale di Federanziani. Dopo aver cavalcato il suo storico cavallo di battaglia sul tema delle pensioni: “Ritengo moralmente doveroso aumentare i minimi pensionistici a 1000 euro al mese per tredici mensilità” naturalmente ciò deve valer anche “per le nostre mamme che hanno lavorato tutti i giorni a casa e che devono poter avere la possibilità di trascorrere una vecchiaia serena e dignitosa”. Misure che, secondo il leader di Forza Italia, si rendono necessarie anche perché avendo “promosso alcuni studi universitari al San Raffaele, secondo i ricercatori l’obiettivo a portata di mano è quello di accrescere la prospettiva di vita fino a 125 anni. Tutto questo è positivo, apre prospettive affascinanti ma anche diversi problemi perché le persone devono poter invecchiare in salute ma anche in sicurezza economica. Invece nel 2016 tre milioni di anziani hanno dovuto rinunciare alle cure perché troppo costose. Oggi nessuno anziano può vivere con una pensione minima di 500 euro: oggi è doveroso e indispensabile aumentare i minimi pensionistici”.

Ora su modalità e coperture nessuna parola ma in campagna elettorale ci siamo abituati. La domanda che sorge spontanea sulle pensioni però è lecita. Porsi come obiettivo di dare mille euro di pensione a chi magari non ha versato mai un contributo non rende poi necessario magari aumentare la pensione anche a chi, per esempio, ha rimpolpato la cassa previdenziale per quarant’anni? Inoltre, mille euro a chi non ha mai versato non corrisponde esattamente a una misura previdenziale bensì configura un intervento assistenziale e dato che sull’Inps gravano già una serie di compiti che nulla hanno a che vedere con il dna originario dell’Ente (da acronimo: Istituto nazionale per la previdenza sociale, cioè riscossione dei contributi e pagamento delle relative pensioni), non sarebbe l’ora di mettere mano alla divisione tra previdenza e assistenza che avrebbe anche il merito di fornirci un quadro più veritiero della nostra spesa previdenziale? In fondo, lo dice anche il presidente dell’Inps Tito Boeri che avendo sviluppato nel tempo uno sconosciuto attaccamento al potere, pensa di poter risolvere la questione cambiando il nome dell’Istituto, cioè l’acronimo ma non il contenuto del suo servizio. Peraltro una operazione verità dovrebbe prevedere anche altri interventi come, ad esempio, provvedere al calcolo della spesa al netto delle imposte e non al lordo come avviene in altri civilissimi paesi europei e anche al netto della liquidazione dei Tfr che con la previdenza non hanno nulla a che spartire trattandosi di salari differiti. Ma si sa che il Cavaliere è bravo a far promesse da marinaio. Il che significa che in fondo le parole volando non obbligano a realizzare alcuna vera riforma strutturale.

Ma veniamo all’idea annunciata con una certa enfasi: la creazione di un “Ministero della Terza età”. Roba da sobbalzare sulla sedia. L’idea se fosse il periodo delle chiacchiere (quelle dolci non quelle parolaie) e delle castagnole farebbe anche ridere. Ma presa sul serio fa piangere. Un ministero per la terza età avrebbe il sapore della creazione di una sorta di riserva indiana. I ministeri esistenti coprono in abbondanza, anche se sicuramente in maniera non sempre efficace, i problemi che riguardano gli anziani e non solo. Solitamente i ministeri così specifici si creano per affrontare problemi endemici, basti pensare al Ministero per gli interventi straordinari per i Mezzogiorno frutto di una passione e di una pressione meridionalistica che considerava irrisolta la questione di una equilibrata unificazione del Paese, con una sua parte (da Pomezia in giù) oggettivamente dimenticata e spesso derubricata a problema di ordine pubblico da trattare a suon di schioppettate in piazza.

Gli anziani però non sono un problema ma, semmai, una risorsa e proprio i riferimenti dell’ex cavaliere ai processi sempre più rallentati di invecchiamento obbligano a meditare sui modi in cui utilizzare quella risorsa a vantaggio del bene comune. Un problema gli anziani lo diventano solo quando la società, semmai incentivata da una classe politica che “gioca” per motivi elettorali sulla guerra generazionale, li considera tali, indipendentemente dall’esistenza o meno di un ministero ad hoc. Ma soprattutto gli anziani non sono abitanti di un universo parallelo; sono parte della società italiana come i giovani, i quarantenni e gli esponenti della mezza età. Quella di anziano è una condizione naturale come tutte le altre. È il ciclo della vita che non dipende da un ministero che per la qualità dell’idea su cui si basa è decisamente più vecchia e malandata di coloro a cui dovrebbe dedicarsi.

Valentina Bombardieri

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