-di GIANMARIO MOCERA-
L’Autorità garante AGCOM ha inflitto una bella multa ad alcuni operatori del mercato delle telecomunicazioni, Tim, Wind, Tre, Vodafone e Fastweb. Da qualche mese gli operatori di telefonia mobile multati hanno cambiato la frequenza della fatturazione passando dalla normale scadenza di fine mese ad una di 28 giorni. Non è una cosa da poco, perché con la “bolletta” telefonica, che arriva ogni quattro settimane, le mensilità in un anno diventano tredici e non più dodici. Un mese in più di pagamento all’azienda che fornisce il servizio, insomma, una tredicesima non prevista dai moduli contrattuali già sottoscritti dai consumatori. Questa “furbata” ha prodotto un aumento delle tariffe intorno al 9% in più ogni anno.
Le compagnie multate erano già state avvisate nel marzo scorso dall’Agcom che per porre un argine alla pessima e scorretta consuetudine aveva stabilito che la fatturazione avrebbe dovuto avere scadenze mensili.
Nonostante la delibera dell’Autorità, gli innumerevoli reclami dei cittadini coinvolti e le richieste di risarcimento formulate dalle associazioni di consumatori, le compagnie hanno continuato a fatturare ogni 28 giorni, anzi al coro si è aggiunta anche Sky che opera nelle televisioni e non nella telefonia provocando una sorta di macchia di olio che rischia di estendersi pericolosamente anche in altri settori.
La questione è seria, non solo per il portafoglio dei clienti e utenti telefonici. C’è un problema di chiarezza e trasparenza: le compagnie hanno proditoriamente “confuso“ la libertà di commercializzare e proporre nuovi servizi con la quella di organizzare nel modo per loro più conveniente (anche in dispregio dei contratti sottoscritti e questo vale anche per Sky) le modalità di pagamento, che, al contrario, come dall’Autorità, non possono essere che mensili.
Sull’argomento è intervenuta anche la Ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, che ha risposto ad un’interrogazione, nel corso del question time alla Camera dei Deputati, parlando esplicitamente di “un comportamento scorretto verso i consumatori che pagano queste iniziative in prima persona e di tasca propria”.
Tutti (forse ispirati dal clima pre-elettorale) si sono pronunciati a difesa della trasparenza dei contratti commerciali e della tutela dei consumatori, ma le aziende vanno avanti, nonostante le multe anche perché quelle stabilite dall’Autorità (che comunque dovrebbe cominciare a mostrare ben altra determinazione e dinamismo) economicamente producono a chi ne viene colpito solo un leggero solletico (circa un milione contro un beneficio economico che già ora ammonterebbe a un miliardo). Ma questa è una vicenda che chiama in causa le grandi responsabilità della politica che non si è mai mobilitata contro i monopoli e contro i cartelli, atteggiamento tutto sommato comprensibile sino a quando al vertice del governo c’è qualcuno interessato alla cosa come Berlusconi, ma non quando a Palazzo Chigi siede un esponente del centro-sinistra che di fronte alla questione dovrebbe mostrare ben altra sensibilità. Nel deserto governativo, le regole per i gestori della telefonia e per Rupert Murdoch padrone di Sky non valgono, anzi valgono quelle che mette in campo il cartello e che sono sconvenienti solo per gli utenti ai quali la televisione di Murdoch poi regala, come premio di consolazione, delicati spot pubblicitari in cui l’emittente dichiara tutto il suo “amore” per i vecchi abbonati. Evidentemente infilando le mani nelle loro tasche una volta di più all’anno: anche l’amore ha un prezzo. Le aziende di telecomunicazioni, peraltro, hanno sempre mostrato una straordinaria sensibilità unitaria quando sono scese in campo contro i “soprusi” nei loro confronti e contro chi prova a reclamare e semmai a dare regole trasparenti al mercato e ai contratti. E ligi a questo principio si sono subito adoperate per ricorsi e organizzare legioni di avvocati e azzeccagarbugli vari per dare battaglia impugnando la delibera dell’Autorità.
Vedremo… Nel frattempo che fare? Il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato un intervento legislativo del governo. Se se ne facesse realmente promotore, fornirebbe una grande prova di senso dello Stato e rispetto degli interessi della collettività visto che nel passato a Sky, una delle aziende del “club dei furbi” ha lavorato in qualità di manager. Non resta che attendere. Fiduciosi?
Certo non basta un question time per dirimere la faccenda; bisogna, sicuramente indignarsi (fa sempre bene) e promuovere ricorsi individuali o collettivi per far valere le indicazioni normative già presenti nel nostro ordinamento: le associazioni dei consumatori possono fornire spiegazioni adeguate per un ricorso che può produrre anche risarcimenti per i quattrini in più illegittimamente versati nelle tasche di “Lor signori” (come avrebbe scritto qualche anno fa Fortebraccio).
Indigniamoci anche con dei ricorsi, è l’unico modo che ha la società civile e i consumatori hanno a propria disposizione per contrastare l’arroganza di queste aziende.
Un’ultima riflessione sull’argomento. Quando un automobilista commette alcune infrazioni del codice della strada, non si becca solo una bella multa, gli sono tolti anche i punti della patente e se supera la dotazione a disposizione, gli viene ritirato il documento che lo abilita alla guida. Non sarebbe male introdurre una patente a punti per “guidare” sul mercato, forse sarebbe un bel deterrente, perché le multe milionarie fanno effetto solo sul nostro immaginario, ma hanno un impatto troppo limitato sulle casse dei furbi.