La vendita dell’Ilva ad Arcelor Mittal e Marcegaglia ha assunto i caratteri di un pugno in faccia doppiato da un altro nella pancia. quattromila esuberi, 3.200 soltanto a Taranto: se su una vicenda del genere si potesse scherzare, si potrebbe dire che Marcegaglia nella città pugliese ricomincia esattamente dal punto in cui aveva finito, cioè licenziando. Questa vicenda nel suo esito (cioè l’assegnazione ad Am Invest.co) è apparsa ambigua e opaca sin dall’inizio, condizionata anche dalla presenza dei Marcegaglia che possono far sentire tutto il peso di un loro consanguineo, Emma, alla presidenza di una azienda di Stato, l’Eni, scelta dal governo presieduto da Matteo Renzi (inevitabili e anche comprensibili i dubbi sui condizionamenti che quella presenza così “ingombrante” possa aver avuto nelle conclusioni dell’iter). Una cosa è certa: questo è purissima “macelleria sociale” soprattutto in un’area, Taranto, povera di opportunità lavorative. Questa è la cartina di tornasole del governo Gentiloni e del suo ministro per lo sviluppo economico, Carlo Calenda, sino ad ora sempre più attento alle esigenze imprenditoriali che a quelle dei lavoratori e delle popolazioni. Ma i giochi acrobatici sono finiti e ora capiremo con chi e contro chi sta questo esecutivo.