Quando Google comprò Adroid e regalandolo si arricchì

 

-di FEDERICO MARCANGELI-

Il 17 Agosto 2005 Google acquisisce un sistema operativo agli albori, che di lì a poco (se si possono definire pochi 12 anni) sarebbe diventato il più diffuso al mondo. Stiamo parlando dell’OS Android. In realtà il colosso americano non acquistò il software vero e proprio, ma la start-up che si stava occupando dello sviluppo. Come avviene spesso in questi casi, fu premiata l’idea e non il prodotto finito. Grazie alla spinta dell’azienda il progetto “Android” subì un impulso esponenziale e da lì a due anni vide la luce la sua prima versione completa. Nel 2008 venne lanciato il primo smartphone con Android 1.0: l’HTC Dream G1.

Per chi non conoscesse questa piattaforma (o sistema operativo), essa ha trovato applicazione in via principale sui dispositivi mobili, arrivando successivamente su automobili e televisori. Un sistema a tutto tondo che, grazie alla sua duttilità, ha avuto una diffusione difficilmente immaginabile. Essendo basato sul noto Linux, la sua caratteristica chiave è quella di essere open-source. Questo vuol dire che chiunque può scaricarlo e manipolarlo liberamente (o quasi), creando delle sue versioni personalizzate. Così hanno fatto (e continuano a fare) moltissimi colossi dell’elettronica, che sfruttano proprio questo sistema per i propri dispositivi.

Tra i primi 6 produttori mondiali di smartphone, ben 5 adottano questo OS, personalizzandolo a proprio piacimento. Le principali modifiche riguardano l’estetica e parte delle funzioni. Per rendere più semplice il concetto si potrebbe paragonare Android alla pizza. La base è uguale per tutti, ma i diversi condimenti permettono di ottenere delle creazioni nettamente distinte tra loro. Stesso discorso per questo software. Andando in un centro commerciale troverete sullo stesso bancone smartphone di vari marchi (Samsung, LG, Huawei, HTC ecc), con interfacce utente abbastanza differenti tra loro. Ebbene tutti hanno una base comune personalizzata a seconda del brand.

La domanda che viene spontanea è: perché Google acquisì una start-up “regalandone” poi il prodotto? La risposta è molto semplice. In primo luogo, la società di Mountain View fa pagare ai produttori le proprie applicazioni, tra cui il Play Store (un market con più di 2.000.000 di app). Uno smartphone senza app ha poco senso di esistere e quindi ogni brand decide di pagare questa micro-tassa a Google. Può sembrare poco, ma considerando la diffusione del sistema si parla di cifre molto ingenti.

Questo store genera inoltre degli introiti, grazie alla vendita delle applicazioni e alla pubblicità inserita nelle stesse. Senza contare l’inestimabile valore di tutte le informazioni raccolte e gestite attraverso la piattaforma. È facile quindi intuire la portata del business. Le stime elaborate nel 2015 da pennystocks dicono che Android generava 174 dollari al secondo, cifre che necessariamente sono cresciute in questi anni. Sì, perché questo sistema è diventato il più diffuso al mondo (più di Windows, che ha dominato per anni la scena), grazie al suo 37,93% di market share (a marzo 2017). Su 10 dispositivi tra smartphone, tablet e PC, quattro hanno un software basato su Android. Una cifra esorbitante che continuerà a generare utili mostruosi. Questa vicenda fa capire molto bene la lungimiranza di un’azienda come Google. Una società che investe 50.000.000 di dollari su un prodotto per poi rilasciarlo gratuitamente. Una scelta che per molti poteva sembrare azzardata, ma che sul lungo periodo ha dato i suoi frutti.

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