Scuola e diritti, i sindaci non tolgano “l’innocenza” ai bambini

 

-di GIANMARIO MOCERA-

Si legge, periodicamente, ancor di più se è vicina la data dell’inizio della scuola, dei problemi e delle soluzioni trovate dai sindaci italiani rispetto ai quei bambini che, per vari motivi, non hanno la copertura economica, da parte dei genitori, della mensa scolastica o di altri servizi scolastici.

Il Sindaco di Milano, ad esempio, ha deciso che a nessun bambino sarà tolto il servizio della mensa per l’intero anno: i figli di coloro non in regola coi pagamenti saranno esclusi dai centri estivi comunali.

Il sindaco di Baranzate, corposo comune a ridosso di Milano, a sua volta, non garantirà la mensa ai figli dei genitori morosi.

Da Corsico a Corbetta e probabilmente in altri centinaia di comuni i sindaci italiani saranno alle prese con il problema.

La questione è seria perché in alcuni casi la morosità ha raggiunto vette del 50%, un dato statistico che segnala scarsa attenzione da parte dei genitori ma anche limitato impegno da parte dei comuni da un lato alla riscossione delle rette e dall’altro alla comprensione delle ragioni alla base dei mancati pagamenti.

Contemporaneamente non si legge o si legge a proposito poco dei diritti dei bambini; viene sottolineato che le casse dei comuni sono vuote anche a causa della morosità con la conseguenza che alcuni servizi sono a rischio (scuolabus, mensa, eccetera), ma non una parola sui bambini che non hanno certo scelto di nascere in una famiglia in difficoltà economiche e non in grado di assolvere alle incombenze economiche, vittime inconsapevoli e loro malgrado di una situazione di disagio ai quali, poi, viene anche confiscato il diritto di partecipare ai centri estivi. E perché mai? Perché devono essere appiedati o condannati al “digiuno scolastico” per il sol fatto di essere nati in una famiglia che non riesce a far fronte all’impegno finanziario richiesto dall’istituzione comunale?

Porre come premessa a qualsiasi discorso il fato monetario quando si discute di diritti dei bambini nella scuola, sia forviante e non ci faccia vedere le cose dal punto di vista dei “piccoli utenti”, indifesi per definizione: tutto ciò ci rende miopi e ci toglie la possibilità di vedere il futuro e di dare un futuro a tanti giovanissimi connazionali che crescendo pagheranno sulla propria pelle le discriminazioni subite per motivazioni esclusivamente economiche. Certo, lo scuola-bus e il centro estivo non sono diritti fondamentali, ma negarli di fatto mettono ai bambini di fronte a una società che li discrimina, li “seleziona” in base alle disponibilità economiche, alla provenienza sociale, al censo.

I bambini sono gli adulti del futuro, adulti che in questa maniera apprenderanno non tanto le lezioni formali impartite nelle aule scolastiche, ma, sulla propria pelle, quelle informali della vita; e, in particolare, la più importante e spietata di tutte: la differenza è garantita dai soldi, non dalle capacità; la parità delle opportunità non esiste perché, poi, contano soprattutto gli euro con i quali quelle opportunità te le acquisti. È l’inizio di una discriminazione che non avrà mai fine e che contribuisce a fermare quel famoso ascensore sociale di cui si parla da anni come di uno strumento pericolosamente paralizzato. Non a caso tutti coloro che hanno l’esenzione ISEE, non mandano i figli ai centri estivi, perché in quel caso quell’indicatore non ha valore.

Ho un bellissimo ricordo delle colonie estive del Comune di Milano degli anni sessanta del secolo scorso, centinaia di bambini in colonia a Pietra Ligure, in treno; io avevo il numero 500, cucito su tutti gli indumenti che mi sarebbero stati consegnati lavati e stirati.

Un mese al mare, un po’ come soldatini, ma i miei genitori non avrebbero mai potuto permettersi vacanze diverse per me; ciononostante lo ricordo ancora, dopo più di cinquant’anni come un momento bello e sereno.

Ci hanno insegnato, che gli uomini dovrebbero essere uguali al nastro di partenza. Condivido pienamente questo principio, tuttavia osservando la situazione da questo particolare punto di vista la sua attuazione impossibile: manca la necessaria reazione, il doveroso sussulto che renda evidente il diritto del bambino ad avere fin dell’infanzia le stesse opportunità che hanno tutti i coetanei, indipendentemente dal conto in banca di mamma e papà. Non si può subordinare una questione di civiltà (e di civica maturità) ai freddi e disumani meccanismi della riscossione burocratica

Salviamo i bambini e i prossimi adulti da un’immagine della società che fin dalla nascita indirizza verso la diversità: non conviene rompere un sorriso e la felicità accompagnate dal vociare nei corridoi che portano a una mensa, sono momenti di convivialità e di serenità, che fanno crescere, momenti di benessere che possono rendere positivo l’approccio alla vita. È doveroso da parte di una istituzione democratica e più prossima ai bisogni della cittadinanza, mettere al centro dell’universo umano il bambino, coltivandone la sua serenità, facendo in modo che nei luoghi in cui ci si forma le uniche differenze siano rappresentate dalla disponibilità all’apprendimento e non dalle disponibilità economiche. Quella lezione lasciamogliela per un’altra fase della vita anche perché avranno, purtroppo, tempo per impararla.

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